La storia della nazionale olandese - Gli anni '70 (Prima Parte)


Gli Europei del 1972, tuttavia, sono l’ennesima delusione, con gli Oranje che si complicano la vita nelle prime due gare, pareggiando a Rotterdam con la Jugoslavia (1–1) e perdendo a Dresda contro la Germania Est (1–0). Nonostante ciò diventa decisiva la gara di ritorno con gli slavi. Il 4 aprile 1971, di fronte a 15.600 spettatori, l’Olanda è obbligata a vincere o comunque a non perdere, visto e considerato che la Jugoslavia deve giocare, il mese successivo, in Germania Est. Purtroppo i vice Campioni d’Europa si dimostrano superiori agli olandesi e l’incontro termina 2–0 con le reti di Jerkovic e Dzajic.
Passata nelle mani di Frantisek Fadhronc, l’Olanda si qualifica, dopo ben 36 anni, per i mondiali del 1974, grazie alla miglior differenza reti nei confronti del Belgio. Nonostante tutto, gli olandesi non mettono mai in dubbio il viaggio nella vicina Repubblica Federale Tedesca. Fin dalla VI Coppa del Mondo (Svezia ’58), l’Olanda partecipava regolarmente alle qualificazioni per la fase finale, ma non era mai riuscita ad entrare nel novero delle elette. Inserita nel gruppo tre di qualificazione con i tradizionali avversari del Belgio, con la Norvegia e l’Islanda, il paese dei tulipani riuscì finalmente a qualificarsi per la fase finale grazie alla miglior differenza reti nei confronti dei “cugini” del Belgio: 24–2 contro 12–0, con grande rammarico per i “diavoli rossi” che si vedevano esclusi dalla fase finale dei Campionati del Mondo senza aver mai perso una partita e senza aver subito neanche una rete; un record negativo difficilmente eguagliabile.
Fondamentale per la qualificazione fu la sfida di Oslo contro la Norvegia. Allo stadio Ullevål ci pensa il capitano, Johan Cruijff, a portare in vantaggio l’Olanda dopo soli sette minuti. A tredici minuti dal termine arriva il pareggio degli scandinavi con Hestad. Il risultato di 1–1 renderebbe tutto più complicato per i ragazzi di Frantisek Fadhronc, ma una rete del barbuto Barry Hulshoff, a tre minuti dalla fine, regala un importante successo all’Olanda per la conquista di uno dei 16 posti disponibili per München ’74. Il 18 Novembre 1973, nella sfida decisiva contro il Belgio, gli olandesi chiudono la gara pareggiando per 0–0. Come detto, la miglior differenza reti permetteva a Cruijff e compagni di staccare il biglietto per la Germania Ovest. Per dirla tutta, l’Olanda ebbe una notevole dose di fortuna nella sfida contro i “diavoli rossi”. Il Belgio, infatti, riuscì a segnare un gol con Semmeling, ma l’arbitro cecoslovacco Khazakov annullò su segnalazione del guardalinee. Il replay evidenziò la regolarità della rete quindi, se il guardalinee avesse convalidato il gol, l’Olanda sarebbe stata eliminata dai Campionati del Mondo e la storia del calcio sarebbe cambiata, o meglio non sarebbe cambiata.

L’Olanda tornava così alla ribalta del calcio internazionale e lo faceva non con le vesti di “cenerentola”, come nel 1934 e nel 1938, ma con il passo della protagonista assoluta e con il peso del pronostico sulle spalle, anche in virtù di quello che le squadre di clubs olandesi avevano fatto vedere in Europa. Anche i risultati maturati negli ultimi due anni fecero sì che la squadra nazionale si imponesse all’attenzione dei critici e Johan Cruijff, promosso capitano, onorava il suo ruolo scrivendo molto spesso il proprio nome sul tabellino dei marcatori. I rapporti in seno alla squadra non erano però idilliaci; Piet Keizer non accettava di buon grado i “diktat” tecnici del biondo capitano Johan Cruijff e il dottor Fadhronc, responsabile della formazione, non aveva la personalità sufficiente a domare la rivolta.
Prima del mondiale arriva Rinus Michels, uomo dal pugno di ferro, che ha costruito l’Ajax Amsterdam dei grandi successi in Coppa dei Campioni, mettendo fine alle polemiche e alle resistenze, relegando Piet Keizer fra le riserve e promuovendo Rob Rensenbrink, un esterno dal tiro fulminante. Il destino però mescola più volte le carte al tecnico olandese che, nei mesi precedenti il mondiale, perde alcuni dei protagonisti della qualificazione.
Tre pedine fondamentali della difesa olandese dovettero dare forfait per infortunio: Aad Mansveld, bandiera dell’ADO Den Haag, il difensore dell’Ajax Amsterdam Barry Hulshoff e Dick Schneider del Feyenoord Rotterdam, senza dimenticare che nella prima gara non sarebbe stato disponibile, causa squalifica, Rinus Israël.
Michels dovette così inventare qualcosa per affrontare la situazione d’emergenza: il risultato fu un vero capolavoro di intelligenza e lungimiranza. Al centro della difesa venne inserito Wim Rijsbergen, poco più che un rincalzo (ha solamente una partita internazionale nella sua carriera), al cui fianco Michels sistemò il centrocampista Arie Haan, uomo di grande esperienza e dalla forte capacità di contrasto sull’uomo. Un centrocampista trasformato in difensore, quindi portato a “distrazioni” e comunque orientato più a creare che a distruggere.
Sulle fasce laterali gli davano comunque sicurezza gli ottimi Wim Suurbier a destra e Ruud Krol a sinistra. Suurbier è un difensore non molto alto, potente, sa passare e crossare la palla con entrambi i piedi e si trova a suo agio sia in mezzo che sulla fascia. Krol, invece, ha sia la forza fisica da centrale difensivo di sinistra che l’atletismo e la velocità di un’ala sinistra: con tre difensori veri su quattro, c’era bisogno di un portiere che sapesse leggere le situazioni di gioco e quindi fosse capace di anticipare gli eventuali “buchi” che si fossero aperti nello schieramento difensivo.
I migliori portieri olandesi non erano adatti a questo tipo di necessità, quindi Michels richiamò in Nazionale lo sconosciuto Jan Jongbloed, 34enne portiere del DWS Amsterdam che in realtà non era un calciatore professionista: Jongbloed gestiva una tabaccheria e per divertimento giocava a pallone. Quando gli dissero che un certo Rinus Michels lo aveva convocato quale terzo portiere dell’Olanda ai Mondiali in Germania Ovest del 1974, questi sorrise e disse: “Mi porterò una canna da pesca per ammazzare il tempo”. Non ne ebbe bisogno, perché Jan Jongbloed disputò tutto il torneo da titolare.
La sua prima e unica partita in nazionale, Jongbloed l’aveva giocata nel 1962, ben dodici anni prima, subentrando all’infortunato Piet Lagarde a cinque minuti dal termine nell’amichevole con la Danimarca (4–1 per i danesi), ma fu l'unico portiere che potesse rispondere alle caratteristiche richieste dal tecnico olandese. Jan Jongbloed confermerà, nel corso del Mondiale, di non essere un portiere di livello internazionale (per fortuna il meccanismo difensivo funzionerà quasi alla perfezione) ma da questo egli saprà affrancarsi, decidendo di diventare professionista tanto da essere confermato per il successivo Mondiale in Argentina, nel 1978. A carriera chiusa, vivrà una terribile tragedia: suo figlio Erik morirà sotto i suoi occhi, nel 1984, nel corso di una partita, colpito da un fulmine. L’anno dopo Jan Jongbloed, a 45 anni ancora in attività, dovrà chiudere la carriera a causa di un infarto e seri problemi a un occhio.
Tuttavia Jongbloed riuscì a soffiare il posto da titolare a Piet Schrijvers, portiere del FC Twente Enschede. Clamorosa fu l’assenza di quello che può essere considerato il miglior portiere olandese di sempre: Jan van Beveren. A bloccare l’estremo difensore del PSV Eindhoven furono non solo i guai fisici, ma anche un pessimo rapporto con Johan Cruijff e Rinus Michels.
A centrocampo, Michels disponeva di due terzetti di classe internazione: dall’Ajax Amsterdam Johan Neeskens, Arie Haan and Gerry Mühren; dal Feyenoord Rotterdam, Theo de Jong, Wim Jansen and Wim van Hanegem. Gerry Mühren, tuttavia, dovette dare forfait a causa di problemi familiari (il figlio era molto malato) e Arie Haan fu chiamato a ricoprire il ruolo di centrale difensivo. Così furono Wim Jansen, Johan Neeskens e Wim van Hanegem i tre centrocampisti titolari, con Theo de Jong a fare da rincalzo.
I tre giocatori del centrocampo si completavano a vicenda: Wim Jansen era il mastino pronto a mordere le caviglie avversarie su ogni pallone, Wim van Hanegem rappresentava il “pensatore” della manovra, Johan Neeskens incarnava perfettamente il ruolo di incursore e uomo-ovunque, in movimento per novanta minuti da un’area di rigore all’altra e sempre pronto a suggerire una soluzione ai compagni. Un trio delle meraviglie, che davanti a sé aveva un attacco altrettanto completo: sulla destra c’era Johnny Rep, fortissimo nel gioco aereo, dall’altra parte Rob Rensenbrink non molto considerato dalla critica, ma che nel corso del Mondiale dimostrò classe ed efficacia in ogni partita, un esterno dal buon dribbling e dall’ottimo fiuto del gol. Mancava l’undicesimo giocatore, che in realtà era il migliore di tutti, il collante della squadra: Johan Cruijff.
L’estate precedente Cruijff aveva lasciato l’Ajax Amsterdam, che aveva condotto ai più grandi successi: ora giocava nel Barcellona (dove porterà dopo il Mondiale l’amico Johan Neeskens) che aveva guidato alla vittoria nel Campionato Spagnolo dopo un digiuno che sembrava non dovesse terminare mai. Cruijff era il leader di un gruppo spaccato, con mille frizioni interne, spesso tenuto insieme solamente dall’obiettivo comune: la vittoria da monetizzare in sontuosi contratti all’estero (cosa che un pò tutti questi fuoriclasse sapranno fare nel corso della carriera: si sa che per gli olandesi il denaro è l’ingrediente principale della vita...). Con questi undici titolari (durante il Mondiale questa squadra non cambierà mai fisionomia: al massimo entrerà qualche riserva a partita iniziata) gli olandesi partirono per la Germania. Curiosa è la numerazione con la quale i giocatori vennero iscritti al torneo (il numero di maglia è fisso e mantenuto per tutta la competizione): venne adottato l'ordine alfabetico, per cui il numero 1 non spettò ad un portiere, ma all’attaccante Ruud Geels, primo della lista.
Unica eccezione venne fatta per Johan Cruijff, al quale fu concesso il fidato numero 14. Il portiere Jan Jongbloed, caratteristico nel suo maglione giallo canarino, porta sulla schiena il numero 8 ed è l’unico portiere, del Mondiale, a non usare i guanti. Quindi, la rosa di giocatori scelta da Rinus Michels per i Mondiali del 1974 fu la seguente: i portieri erano Jan Jongbloed, Eddy Treytel e Piet Schrijvers. La difesa era composta da Kees van Ierssel, Rinus Israël, Ruud Krol, Wim Rijsbergen, Pleun Strink, Wim Suurbier ed Harry Vos. La mediana era composta da Johan Neeskens, i gemelli René e Willy van de Kerkhof, Theo de Jong, Wim Jansen, Wim van Hanegem ed Arie Haan. In attacco Ruud Geels, Piet Keizer, Rob Rensenbrink, Johnny Rep e Johan Cruijff.
Rinus Michels aveva scelto una rosa in cui ben 13 giocatori, su 22, provenivano dall’Ajax Amsterdam (6) e dal Feyenoord Rotterdam (7). D’altronde, nelle ultime tre edizioni della Coppa dei Campioni, erano state proprio Ajax Amsterdam, con due successi, e Feyenoord Rotterdam, con uno, ad aggiudicarsi il prestigioso trofeo. All’interno del contingente dell’Ajax Amsterdam c’erano tensioni dovute alla suddivisione in due fazioni: la prima era composta da Cruijff e dal suo delfino Neeskens, l’altra dagli altri giocatori biancorossi. Il capitano della squadra era Johan Cruijff, ovvio direte voi, ma la fascia gli fu data solo alla fine del 1971, dopo che era stata tolta a Rinus Israël a causa, sembra, di alcune sue dichiarazioni fuori luogo. Wim van Hanegem l’aveva ereditata per poco tempo, mentre Keizer dovette cedere sia quella della nazionale che quella dell’Ajax Amsterdam.
Johan Cruijff era tuttavia la miglior scelta che si potesse fare come capitano della Nazionale Olandese. Per dare un’idea della sua personalità, una storia su tutte; Cruijff non voleva vestire la famosa maglia dell’Adidas con le tre strisce sulle maniche e insisteva ad indossare una maglia a maniche corte con sole due strisce. Era il periodo in cui le aziende produttrici di abbigliamento sportivo stavano iniziando a far sentire la loro influenza sul mondo del calcio.
Johan Cruijff, con il suo comportamento, poteva quindi apparire come l’ultimo baluardo contro il sistema che cambiava. In realtà, dietro al suo comportamento, c’era un ricco contratto con la Puma. Ad ogni buon conto, nulla era semplice con questo gruppo di giocatori, tanto che minacciarono, a tre giorni dall’inizio del torneo, di boicottare il Mondiale a causa dei premi vittoria. Nonostante tutto e tutti la Nazionale Oranje aveva imposto la propria candidatura per la vittoria finale ed i risultati delle prime tre gare confermarono questa tesi.

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