Le partite che hanno fatto la storia - 7 marzo 1973: Ajax - Bayern Monaco, il più bel quarto di finale di sempre


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Nella buia notte di Amsterdam, Sepp Maier stava guardando dalla finestra del suo hotel uno dei tanti canali che attraversano la città olandese. 
Il numero uno del Bayern München era così amareggiato, per il modo con cui la sua squadra era stata sconfitta per 4–0 dall’Ajax Amsterdam, che non riusciva proprio a prendere sonno. “Fu un incubo” ricorda il portiere “mi sentivo così male che fui costretto ad alzarmi dal letto, con la voglia di raccogliere tutta la mia roba e scaraventarla nel canale”. Era dispiaciuto a tal punto che si rifiutò di andare a cena con i compagni preferendo affrontare i giornalisti. “Conoscete qualcuno disposto a pagarmi uno stipendio mensile di 300 marchi?” domandò ai reporter “perché voglio smettere di giocare a calcio”. 

Prima della rocambolesca finale di Istanbul del 2005, Ajax Amsterdam - Bayern München 4–0 era stata indicata come la più bella partita di sempre disputata in Coppa dei Campioni. Certo, non fu così drammatica e piena di emozioni come l’altalenante finale tra il Milan ed il Liverpool, ma il gioco espresso dai lancieri in quell’occasione per anni ipnotizzò gli addetti ai lavori, così come ricorda l’ex difensore della nazionale francese Robert Budzynski al quotidiano L’Equipe: “Ancora oggi ho dei flashback di quell’incontro che non potrò mai dimenticare. La lezione di calcio che quell’Ajax impartì ai suoi avversari avrebbe fatto il giro del mondo”. Questo era il glorioso Ajax che avrebbe incantato l’Europa con il suo personale e rivoluzionario modo di giocare a calcio e che l’avrebbe condotto a conquistare la terza Coppa dei Campioni consecutiva.

Gli ajacied di Amsterdam affrontarono questo quarto di finale con una convinzione tale che il loro timoniere e capitano Johan Cruijff così sintetizzò: “Tutti vorrebbero eliminarci, ma il nostro stile ed il nostro modo di giocare è ammirato da tutti. Tutta la comunità calcistica europea ci ammira e poi noi abbiamo l’appoggio ed il supporto di una intera nazione”. Cercare di ridurre il modo rivoluzionario di giocare al calcio a dei semplici schemi appare riduttivo e troppo semplicistico. 

Ufficialmente, sotto la guida tecnica di Rinus Michels, l’Ajax aveva iniziato a giocare con il 4-3-3, ma quando attaccavano lo schema diventava un 3-7! La convinzione e l’insistenza di Michels nel ripetere che tutti i giocatori in campo dovevano partecipare sia alla fase difensiva che a quella offensiva, portò la critica sportiva a coniare il concetto di “calcio totale”, sebbene Michels preferisse il termine “arancia meccanica”. 
Egli basava la sua teoria sul mantenimento del possesso di palla della sua squadra ed attraverso un’ampia varietà di rapidi movimenti creare numerose opportunità per segnare gol. 
Bill Shankly, furbo ed indimenticato allenatore del Liverpool, dopo aver perso 5–1 ad Amsterdam nel 1966 disse:”Non ci posso credere. Loro sono la squadra più difensiva che io abbia mai incontrato”. Molte delle tattiche di Michels, come la sovrapposizione dei terzini o i movimenti poco profondi dell’ala, erano stati mutuati e adattati dagli schemi delle nazionali del Brasile, dell’Inghilterra, dell’Ungheria e dell’Italia. Tuttavia l’allenatore olandese sintetizzò molto bene queste tattiche in schemi che, uniti ad allenamenti molto intensi (tanto che fu soprannominato “il generale”), fecero si che giocatori eseguissero il tutto in maniera istintiva e immediata. Una volta insegnato ciò, il resto lo facevano i giocatori in campo prendendo decisioni in maniera autonoma, poiché lui era solito dire che “il gioco del calcio si fa sul campo”. 

Ruud Krol, storico difensore dell’Ajax Amsterdam e della Nazionale olandese, disse: “non siamo mai scesi in campo con le gambe appesantite dagli allenamenti, ma sapevamo sempre cosa dovevamo fare. Lui (Michels, ndr) riconosceva subito le nostre abilità e ci dava quella tranquillità e sicurezza dicendoci che avremmo fatto le cose giuste. Non ci dava delle indicazioni da seguire in maniera precisa perché sapeva che eravamo intelligenti al punto tale che avremmo capito cosa fare in quel frangente del match”. 

Rinus Michels lasciò l’Ajax Amsterdam dopo il successo in Coppa dei Campioni nel 1971, tanto che ad allenare i biancorossi, all'epoca del quarto di finale contro il Bayern München nel marzo del 1973, c'era il rumeno Kovacs.
L’Ajax affrontava la squadra che aveva tra le sue fila il blocco principale della nazionale tedesca, vincitrice del Campionato Europeo qualche mese prima. Tutti i giornali avevano definito questo match come “una battaglia di stelle”: dal un lato c’erano Cruijff, Krol, Gerrie Mühren, Neeskens, Rep e Keizer, dall’altro Maier, Beckenbauer, Breitner, Hoeness e Müller. Sulla carta, quindi, non si trattava affatto di una passeggiata. 
Il Bayern München aveva raggiunto i quarti di finale forti di ben 20 reti segnate nei due turni precedenti, tuttavia la loro stagione era stata tutt’altro che agevole. Il 10 febbraio, nella gara esterna contro l’Hertha Berlin, un tackle di Ludwig Müller aveva messo ko il suo omonimo Gerd. Il bomber tedesco, pur zoppicante, terminò il primo tempo prima di essere sostituito. Le radiografie non evidenziarono fratture e con una serie di infiltrazioni fu rispedito in campo, agonizzante, contro Wuppertal e Schalke 04. Nell’intervallo della gara contro lo Schalke 04, Müller dichiarò che il dolore era insopportabile e fu sostituito. 
Due giorni dopo furono ripetute le radiografie all’ospedale universitario di Monaco e le lastre evidenziarono una frattura al perone. Con la sfida contro l’Ajax Amsterdam oramai alle porte, i dirigenti della squadra tedesca decisero che non c’era tempo per ingessare la gamba di Müller. L’attaccante, che fino a quel momento aveva realizzato 36 reti in 39 gare di coppa, doveva giocare e non importava quanto male avesse. La posta in gioco era troppo alta, ancora di più di entrare tra le prime quattro squadre in Europa. 

La Seconda Guerra Mondiale era finita da meno di 30 anni ed ogni incontro tra Olanda e Germani Ovest aveva un sapore particolare. Inoltre tra le due squadre vi era una rivalità infinita, come disse Gerrie Mühren: “Qualche mese prima li avevamo sconfitti per 5–0 in una amichevole disputata a Monaco. Non fu divertente per loro anche perché sul 5–0 decidemmo di fermarci, ci bastava così”. Inoltre l’allenatore dei bavaresi, Udo Lattek, aveva preso in giro il portiere olandese Heinz Stuy, prima della gara dei quarti di finale, dicendo che la sua squadra gli avrebbe restituito le 5 reti incassate nella famosa amichevole. Tutto ciò contribuì a caricare maggiormente i ragazzi di Kovacs. 

Le indicazioni tattiche dell’allenatore romeno erano molto semplici: “pressione, pressione”. O, come disse Rep: “dobbiamo tenere la palla nella metà campo avversaria il più possibile, in modo che i tedeschi non possano attaccarci”. 
Tre giocatori, Krol, Suurbier e Blankenburg, difendevano sulla linea di metà campo e gli altri pressavano gli avversari nella loro area di rigore. I giocatori dell’Ajax Amsterdam si sentivano ispirati e circondati da un’aurea di invincibilità. “Non appena indossavamo la maglia dell’Ajax noi crescevamo di 10 centimetri in 5 secondi” continuava Krol. I campioni d’Europa furono i primi ad entrare nel tunnel fissando gli avversari che ancora erano dentro il loro spogliatoio. 
Stuy ancora oggi non può dimenticare l’atmosfera di quella notte allo Stadio Olimpico di Amsterdam: “Lo stadio sembrava un vulcano”. A gara appena iniziata, le parole di Lattek si rivelarono presto una enorme falsità: i tedeschi avevano in mente solo di difendersi. 
Franz Roth fu messo alle calcagna di Cruijff, ma dopo pochi minuti si beccò subito un cartellino giallo che complicò la sua gara. 
Per il Bayern difendersi si rivelò subito una missione impossibile. Il leggendario n. 14 dell’Ajax era il Picasso del calcio, un genio che poteva realizzare qualunque cosa, trasformandosi in attaccante o giocando in posizione di ala, il tutto a seconda di cosa il gioco richiedesse. 

Heinz Stuy non era un portiere di classe; i suoi compagni di squadra per prenderlo in giro lo avevano soprannominato Heinz Kroket, perché aveva la pessima abitudine di farsi sfuggire dalle mani i palloni come se fossero delle crocchette bollenti. 
Sepp Maier, dal canto suo, era forse il numero uno dei numeri uno. Paradossalmente quella sera fu proprio Maier a perdere clamorosamente un pallone. Al quarantesimo minuto, la palla sfuggì dalle sue mani ed il centrocampista Rainer Zobel fu lesto a spazzarla via. Tre minuti dopo Ruud Krol colpì il palo con un tiro da fuori area. Nonostante tutti questi segnali di allarme il Bayern riuscì a chiudere il primo tempo sullo 0–0, dimostrando calma e fiducia. Helmut Schön, allenatore della Germania Ovest, nel commentare la gara alla TV Tedesca disse: “Il Bayern sta eseguendo alla perfezione l’impostazione tattica della partita. Dopo tutto mica possiamo pensare di poter giocare una gara di attacco qui ad Amsterdam”. 

Nello spogliatoio dell’Ajax, l’allenatore Kovacs disse poche parole, ripetendo il proprio credo tattico: “Pressione, pressione. Tutto andrà bene”. La sua “profezia” si manifestò ben presto, tanto che al 53’ Maier, respingendo goffamente un tiro del centrocampista austriaco Schilcher, agevolò Arie Haan, il quale si avventò sul pallone, realizzando il gol del vantaggio. 
Gerrie Mühren disse che quello fu più di un gol, fu come rompere una diga: “Maier era nervoso e i tedeschi erano impauriti. Noi lo potevamo leggere nei loro occhi”. Ma era veramente paura oppure solo la stanchezza di aver giocato solo per difendersi? Il grande centrocampista tedesco Günter Netzer si chiese: “Io non potevo capire come il Bayern potesse collassare completamente nel secondo tempo, però apparvero stanchi ed incapaci di fermare i loro avversari così come avevano fatto nella prima frazione.” 

Quattordici minuti dopo l’Ajax Amsterdam segnò uno dei gol più belli della storia della Coppa dei campioni. Maier respinge un calcio d’angolo. La palla termina fuori per una rimessa in gioco a favore dei lancieri. Rep scaraventa la palla in area di rigore, ma Breitner la respinge ancora fuori area e Gerrie Mühren, da 25 metri, scagliò un bolide che finì alle spalle di Maier. 
Michael Drucker, commentatore per la TV olandese rimase estasiato: “Oh Mühren, tiro fantastico. Maier non ha mai subito un gol del genere. Mostratelo in tutte le scuole di calcio!”. A sua volta poi Gerrie Mühren disse: “io segnai uno dei più importanti e dei più bei gol della storia dell’Ajax. Ma nessuno lo sa!”. Il supplizio del Bayern non era finito. Arie Haan e Johan Cruijff realizzarono ancora due reti. Il triplice fischio finale dell’arbitro svizzero Scheurer fu una liberazione per Beckenbauer e soci. L’allenatore tedesco Udo Lattek disse: “Abbiamo giocato i primi 45 minuti in modo splendido, ma un gol stupido, per colpa di Maier, ci ha spinti fuori dei binari del match”. Sepp Maier non aveva bisogno delle accuse di Lattek per capire i suoi errori. Nelle sue memorie di quella gara scrisse: “Un buon Maier avrebbe potuto evitare almeno tre delle quattro reti subite. Un grande Maier tutte e quattro”. L’Ajax perse la gara di ritorno per 2–1. Cruijff decise di non giocare visto che “il lavoro era già stato fatto”. In semifinale il lancieri superarono il Real Madrid ed in finale batterono la Juventus, conquistando la terza Coppa dei campioni consecutiva.

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