"In partite del genere l'emozione era immensa. Ricordo che a Milano effettuai un intervento spettacolare e mentre ero proteso in tuffo ebbi la sensazione che avrei potuto fluttuare a mezz'aria in eterno se solo avessi voluto. La percezione estrema del concetto di libertà: questo è ciò che mi ha regalato il ruolo di portiere. Non esiste nulla di meglio al mondo" - Jan Jongbloed
Nel bel mezzo della seconda guerra mondiale, il 25 novembre del 1940 nasce un canarino ad Amsterdam. Il suo nome è Jan Jongbloed e scriverà la storia degli estremi difensori celebri nel mondo del pallone. Antieroe per definizione Jan Jongbloed diviene professionista fra l'ilarità generale alla veneranda età di 34 anni, quando Rinus Michels lo chiama al telefono e gli comunica che sarà il terzo portiere degli Oranje per il mondiale del '74.
Jongbloed sino a prima giocava a calcio nella squadra sfigata di Amsterdam, quei scanzonati ragazzi dell'FC Amsterdam, per arrotondare lo stipendio da tabaccaio. Rimase a dir poco sorpreso della chiamata del c.t. Michels, ma non sarebbe stata la sua prima esperienza con la casacca arancione. Jongbloed era già entrato in campo in una infausta gara della nazionale Oranje contro la Danimarca nel 1962. Da allora Jongbloed non avrebbe più visto il colore arancione fino ai mondiali del 74'.
Dodici anni sono un enormità per il pazzo ambiente del pallone, ma il caso la fa da padrona e grazie alle intemperie di JC 14, che si imputò affinché venisse chiamato quel strano ed anziano portiere che si destreggiava alla grande con i piedi, Jongbloed entrò a far parte della selezione arancione per il Mondiale.
"Mi porterò una canna da pesca per ammazzare il tempo" borbottò Jongbloed dopo la chiamata di Michels. Si scolò un paio di birre e si mise nell'ordine delle idee che giugno lo avrebbe passato inoperosamente in Germania. Il destino, la provvidenza manzoniana, o a chi volete credere, invece, sceglie Jongbloed per il ruolo di estremo difensore titolare: Piet Schrijvers e Jan Van Beveren non convincono il tecnico Michels, che invece desiderava un estremo difensore abile con i piedi, visto il rivoluzionario modulo degli olandesi che stupì tutti negli anni 70'.
Immagino Jongbloed con un sigaro in bocca che reagisce malamente alla notizia che quei mondiali li giocherà da titolare. "La mia tabaccheria e la pesca? Non ho tempo per giocare un mondiale!". Questo lo dico io, ma mi piace pensare che quei campionati del mondo non avesse una gran voglia di giocarli, nonostante tutto.
Jongbloed sfiorò la vittoria storica per gli olandesi, subì 3 reti: autogoal, penalty e la storica girata di Gerd Müller. Germania sul tetto del mondo ed olandesi a casa con la coda fra le gambe. Nei Paesi Bassi ci si chiede ancora se quella girata fosse parabile da un portiere più reattivo, ma ormai l'arbitro ha fischiato e la Coppa del Mondo è in mano ai teutonici.
Perché ad inizio articolo l'ho denominato canarino? Semplice: la sua divisa giallo limone con il numero 8 sulle spalle (ricordo che quell'Olanda dava i numeri in ordine alfabetico e non in base al ruolo, a parte Cruijff ovviamente...). Jongbloed giocava con le ginocchiere da pallavolista e non sapeva parare. Come non sapeva parare? No, non sapeva parare, non si buttava mai o quasi, ma era abilissimo negli interventi con i piedi. Jongbloed ha inventato un'antiestetica generazione di portieri ai quali, fra i più celebri, si unirà Garella Claudio, che vincerà uno storico scudetto con l'Hellas Verona.
"Gioco senza guanti perché con questi ho poca presa" così Jongbloed commenta il suo odio verso qualunque tipo di guanto o protezione a livello delle mani. Si narra che in un match provò ad infilarsi dei guanti di lana da donna come i suoi colleghi inglesi, ma dopo un paio di parate il pregevole guanto era ridotto in mille brandelli.
Jongbloed e le sue proverbiali ginocchiere |
Arie Haan, Jan Jongbloed e Johan Cruijff |
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