La storia della nazionale olandese - Gli anni '70 (Sesta Parte)


Dopo la fastosa cerimonia di apertura, svoltasi a Buenos Aires, l’Olanda disputa la gara inaugurale, contro l’Iran, a Mendoza, pittoresca città ad ovest della capitale, situata ai piedi delle Ande. Lo stadio era stato costruito appositamente per i Campionati del Mondo, ma il terreno era troppo morbido ed il clima non era dei migliori. Gli olandesi si presentarono con una divisa completamente arancione, non utilizzando più il pantaloncino nero, così come avevano fatto in passato. L’Iran si impegnò molto per sfruttare al meglio le pochissime possibilità concesse dalla retroguardia olandese. Tuttavia essi impostarono una gara prettamente difensiva, attendendo gli avversari nella propria metà campo, cercando di contrastarli meglio possibile, anche se sul gioco aereo pagavano la differenza di statura. Poco prima dell’intervallo, l’inesperienza della squadra iraniana si materializzò in un calcio di rigore a favore degli olandesi. René van de Kerkhof intercettò una palla nel cerchio di centrocampo e si involò in area di rigore, dove venne atterrato da Abdollahi. Nell’occasione il giocatore olandese si infortunò e fu costretto a portare, per tutto il resto del torneo, un leggero gesso al polso, protezione che creò, come si vedrà, grossi problemi in finale.
Il calcio di rigore fu realizzato da Rensenbrink, che portò in vantaggio l’Olanda alla fine del primo tempo. Nella ripresa gli olandesi dimostrano tutta la loro superiorità in termini di organizzazione e autorevolezza, mentre l’Iran badò solo a difendersi per evitare di subire un passivo umiliante. La seconda rete di Rensenbrink fu segnata di testa su un preciso cross, dalla destra, di René van de Kerkhof. Il terzo gol arrivò ancora su calcio di rigore; Rep si infilò in area e finì con l’essere atterrato dalla difesa iraniana. Rensenbrink trasformava il secondo penalty della giornata, chiudendo il match con una tripletta personale. La seconda gara venne disputata contro il Perù di Cubillas e Chumpitaz e la squadra che scese in campo fu la stessa che aveva battuto l’Iran, con l’unica differenza che, al posto di Johnny Rep, giocò Jan Poortvliet. La presenza di Poortvliet diede alla difesa un’impronta più tradizionale, ritornando ai quattro difensori in linea, mentre Arie Haan venne spostato al centro dell’attacco. I peruviani avevano battuto la Scozia nella gara di apertura, per cui questo match veniva disputato dalle due squadre che probabilmente sarebbero passate al secondo turno. L’unico tiro degno di nota, in tutto il primo tempo, fu quello di Rensenbrink, su calcio di punizione, ma fu deviato in corner da Quiroga. Nella ripresa, ancora Rensenbrink si rendeva pericoloso dalle parti del portiere avversario, mentre, su un cross di Rep, Neeskens fallì una facile occasione. Per Neeskens quella fu la sua ultima azione nella gara poiché si infortunò e fu sostituito da Nanninga. Se la partita fosse stata giocata dal Perù del 1970 e dall’Olanda del 1974 forse sarebbe stato un incontro da ricordare. Invece le due squadre cercarono di non farsi del male, consce che un pareggio le avrebbe probabilmente qualificate al turno seguente. Se per il Perù il discorso era fattibile, visto l’impegno con l’Iran nell’ultimo incontro, per l’Olanda il calcolo era più complicato, poiché la Scozia era un avversario temibile. Nella gara contro gli scozzesi, l’Olanda aveva bisogno di un pareggio per approdare al secondo turno, oppure anche di una sconfitta, purché con uno scarto inferiore alle tre reti. Happel non era rimasto soddisfatto della gara contro il Perù e, nell’occasione, spediva Haan in panchina per far posto a Rep, mentre Poortvliet veniva riconfermato in difesa, sulla fascia di sinistra. La Scozia era arrivata in Argentina oppressa dal peso di un’enorme responsabilità, convinti, infatti, di avere ottime chances di vincere il torneo. Questa convinzione, del tutto infondata, era stata espressa dai media britannici e rinforzata dall’allenatore MacLeod. I loro primi due risultati erano stati una clamorosa sconfitta per 3–1 contro il Perù e un bruttissimo pareggio, per 1–1, con l’Iran. La Scozia giocava con due attaccanti, Joe Jordan e Kenny Dalglish, supportati da un grande centrocampista come Graeme Souness. Quest’ultimo, insieme a Dalglish, aveva vinto la Coppa dei Campioni con il FC Liverpool a spese del FC Club Bruges, allenato da Ernst Happel. La pessima posizione in classifica della Scozia era il frutto degli errori del proprio allenatore, il quale non aveva fatto giocare Souness nella gara di esordio, persa malamente con il Perù. La gara rimase sempre aperta ed incerta, probabilmente la migliore di tutto il torneo, ma per gli olandesi si mise subito male. Dopo soli dieci minuti di gioco, Neeskens fu costretto ad uscire a seguito di un infortunio patito in uno scontro con Gemmill. Al suo posto entrò Boskamp, fine passatore, ma privo della classe di Neeskens. Al 34’ Johnny Rep entrava in area di rigore e veniva stretto dal portiere scozzese Rough ed il difensore Kennedy. Per l’arbitro era calcio di rigore. Dopo 28 anni Rep racconterà di aver simulato per ottenere il penalty. L’Olanda, dopo essere passata in vantaggio con Rensenbrink (suo il gol numero 1.000 in Coppa del Mondo), che trasformò il calcio di rigore, subì tre reti in venticinque minuti dagli scatenati scozzesi, guidati da Gemmill e Dalglish. La difesa olandese, infatti, stava scricchiolando a causa dei problemi fisici di Rijsbergen, ma Happel, avendo già sostituito Neeskens, voleva tenere duro fino alla fine del primo tempo. Ma la Scozia riequilibrò il match al 44’. Su un cross di Souness proveniente dalla sinistra, Jordan colpì di testa la palla che finì sui piedi di Dalglish, il quale, tenuto in gioco dalla difesa olandese, non ebbe difficoltà ad infilare Jongbloed. A questo punto entrò Wildschut al posto di Rijsbergen, ma ormai il danno era fatto. Il neo entrato si posizionò a centrocampo e l’Olanda passò ad una difesa a tre, ma un fallo in area di rigore, commesso da Krol su Souness, generò un calcio di rigore a favore della Scozia. Fu Gemmill a segnare la rete del 2–1 quindi, ventidue minuti più tardi, realizzò una delle più belle reti mai segnate in un Campionato del Mondo, portando la Scozia sul 3–1. La piccola ala scozzese recuperò un pallone al limite dell’area di rigore, in dribbling saltò Jansen, Krol e Poortvliet quindi, di fronte a Jongbloed, lo superò con un pallonetto. Basterebbe ancora un gol ai britannici per estromettere i vice Campioni del Mondo, ma al 71’, Johnny Rep, con un tiro dalla distanza, regalava il gol che valeva la qualificazione. Tuttavia l’Olanda dovette accontentarsi del secondo posto nel girone, dal momento che il Perù aveva battuto l’Iran. L’Olanda finì nel girone che comprendeva la Germania Ovest, Campione del Mondo in carica, l’Italia, squadra capace di battere i padroni di casa dell’Argentina e l’Austria, paese natale del tecnico Ernst Happel. Come nel 1974, la vincente del girone approdava alla finale, mentre la seconda classificata si doveva accontentare della finalina per il terzo e quarto posto. L’incontro d’esordio della seconda fase era contro l’Austria di Prohaska e Krankl ed era quasi un “derby”, visto che a guidare gli Oranje c’era un allenatore austriaco. Gli austriaci erano sicuramente la squadra più debole del girone pertanto, l’Olanda, doveva assolutamente vincere, ma soprattutto farlo segnando il maggior numero di gol possibile, poiché la differenza reti poteva essere decisiva per la classifica finale. La squadra che Happel mise in campo fu dettata essenzialmente dagli infortuni che avevano falcidiato l’Olanda nella prima fase. In difesa mancavano Suurbier e Rijsbergen. Il primo avrebbe saltato solo la sfida con l’Austria, per il secondo il Campionato del Mondo era già finito. A centrocampo era assente Neeskens per problemi fisici, così Happel fece rientrare in squadra Haan, mentre Brandts prese il posto di Rijsbergen. Venne confermato anche Wildschut a centrocampo che, insieme ad Haan, formava la coppia di centrali. Cambio della guardia anche tra i pali, con l’esordio nel torneo di Schrijvers al posto di Jongbloed. Quest’ultimo era il giocatore più anziano della Coppa del Mondo e la sua esclusione era dovuta più al fatto che l’Olanda faceva un gioco diverso da quello del 1974, che non per gli eventuali errori commessi nella precedente gara con la Scozia. Ad ogni modo c’era un pò di preoccupazione per la presenza di alcuni giocatori con poca esperienza internazionale. Per Ernie Brandts era solo la seconda presenza in Nazionale, per Piet Wildschut la terza e per Jan Poortvliet la quarta. Paradossalmente, la freschezza di questi nuovi giocatori, mischiata con l’esperienza dei veterani, quali Krol, Jansen e Rensenbrink, creò una miscela esplosiva. L’Austria, che sino a questo momento aveva esibito un insidioso contropiede, col micidiale Krankl, venne disintegrata da un’Olanda finalmente all’altezza della situazione: 5–1 con i gol di Brandts, Rensenbrink, Willy van de Kerkhof e doppietta di Rep. Dopo solo sei minuti arrivava la prima rete; calcio di punizione dal lato corto del’area di rigore austriaca, superbo movimento degli attaccanti che, allontanatisi dalla palla, liberarono Brandts. Il difensore solo in mezzo all’area, di testa, infilava la porta di Koncilia. Ernie Brandts aveva un grande senso della posizione in area di rigore, sia in difesa che in attacco, e ciò incise positivamente sull’andamento del torneo. Il raddoppio arrivò su calcio di rigore. Jansen si presenta di fronte ad una incerta difesa olandese e viene steso da Prohaska. Rensenbrink, specialista dagli undici metri, realizza il suo quarto rigore nella rassegna iridata. Passa un minuto e l’Olanda si porta sul 3–0. Il rilancio di Schrijvers arrivò sui piedi di Rensenbrink. L’ala si involò sulla sinistra e crossò al centro per Rep, lasciato colpevolmente solo. L’attaccante ebbe il tempo di controllare la palla e di infilare Koncilia in uscita. Nella ripresa, dopo soli otto minuti, Rensenbrink serviva un assist per Rep che realizzava il punto del 4–0. La serie degli infortuni proseguiva anche nella sfida con l’Austria; René van de Kerkhof fu sostituito da un altro esordiente, Dick Schoenaker, mentre l’ultimo difensore disponibile per Happel, Adri van Kraay, venne gettato nella mischia per sostituire l’acciaccato Brandts. All’80’ l’Austria trovava il gol della bandiera. Su un cross in area olandese, il difensore austriaco Obermayer venne atterrato da un goffo intervento di Schrijvers. L’arbitro avrebbe fischiato sicuramente un calcio di rigore, ma la palla finì ugualmente in rete. L’errore di Schrijvers fu sicuramente più evidente di quelli commessi da Jongbloed contro la Scozia, ma il portiere olandese aveva effettuato dei buoni interventi durante la partita. L’Olanda, con l’importanza della differenza reti ben impressa sulla mente, non si accontentò del 4–1 e Rensenbrink, involatosi sulla fascia, servì un assist a Willy van de Kerkhof per la rete del 5–1, con cui si chiuse il match. Finalmente l’Olanda gettò sul campo l’effettiva consistenza di una formazione rinnovata, che esaltava i pregi del calcio totale, dell’applicazione sistematica del fuorigioco e del professionismo nel senso più lato del termine. Il 18 giugno 1978 a Cordoba si disputò Olanda – Germania Ovest, remake della finale di quattro anni prima. L’Olanda scese in campo con la stessa formazione schierata contro l’Austria. I tedeschi erano una squadra molto diversa da quella del 1974. Prediligeva un gioco più difensivo, mentre in attacco era spietata e cinica. Non c’erano più né Franz Beckenbauer, né Gerd Müller, mentre in panchina sedeva ancora Helmut Schön, alla sua ultima esperienza alla guida della “Nationalmanschaft”. La Germania giocava con cinque centrocampisti ed un solo attaccante. In campo c’erano ben dieci reduci della finale di Monaco di Baviera, quattro tedeschi (Maier, Vogts, Bonhof e Hölzenbein) e sei olandesi (Krol, Jansen, Haan, Rep, Rensenbrink e René Van de Kerkhof). Per completare un’atmosfera dal sapore antico, l’arbitro dell’incontro era l’uruguaiano Baretto, già guardalinee nella precedente finale. La storia si ripeteva e dopo tre minuti c’era subito un gol. Stavolta erano i tedeschi a passare in vantaggio; Hölzenbein ottenne un calcio di punizione fuori area. Bonhof andò alla battuta scavalcando la barriera, Schrijvers respinse il tiro e Abramczyk ribadì in rete il gol del vantaggio. L’Olanda cominciò, gradualmente, a prendere in mano la partita ed al 27’ pareggiò con un gran gol di Haan da 35 metri, che mise fine all’imbattibilità di Seep Maier, in un Campionato del Mondo, che durava da 476 minuti (un record che migliorava quello di Banks del 1966). Nella ripresa la supremazia territoriale dell’Olanda si accentuò e la squadra di Happel si rese conto che un pareggio sarebbe andato meglio a loro che non ai tedeschi. Al 70’ però, la Germania Ovest passava in vantaggio, immeritatamente per quello che si era visto finora. Ancora una volta gli olandesi subirono gol dagli sviluppi di un calcio di punizione. Abramczik ottenne un calcio di punizione dopo una teatrale caduta a terra. Mentre gli olandesi discutevano con l’arbitro circa il punto dove doveva essere battuta la punizione, lo stesso Abramczik servì Beer, libero sulla sinistra, il quale crossò al centro per uno smarcato Dieter Müller che di testa portò in vantaggio la Germania Ovest. L’Olanda, negli ultimi dieci minuti, inserì Nanninga giocando con quattro attaccanti e la difesa tedesca andò nel panico. All’83’ Poortvliet serviva Renè van de Kerkhof che, dopo aver superato Dietz, infilava Maier proteso in tuffo, fissando il punteggio sul 2–2. Diventava decisiva, a questo punto, la sfida contro l’Italia che si trovava appaiata in classifica a quota tre. Italia e Olanda si incontrarono a Buenos Aires, con gli olandesi che, forti della miglior differenza reti, potevano giocare anche per il pareggio. Va detto che la Germania Ovest, a quota due, avrebbe potuto conquistare il primo posto nel girone solo con una goleada contro l’Austria ed il contestuale pareggio tra Olanda e Italia. L’Italia era il peggior avversario che l’Olanda potesse incontrare. La squadra azzurra aveva vinto il proprio girone con tre vittorie consecutive, battendo persino i padroni di casa dell’Argentina. Anche se non era la miglior squadra di sempre in un Campionato del Mondo, l’Italia era forte in difesa, ben organizzata a centrocampo e fornita di una buona coppia di attaccanti. Con l’inserimento di Cuccureddu al posto dell’infortunato Bellugi, l’Italia schierava ben nove giocatori della Juventus, che aveva sconfitto l’Ajax Amsterdam nei quarti di finale della Coppa dei Campioni. Nell’Olanda ritornava a centrocampo Neeskens, sebbene in una posizione più profonda rispetto al solito, mentre in difesa vennero confermati Brandts e Poortvliet. La gara era una vera e propria semifinale. Erano proprio gli olandesi ad iniziare l’incontro in sordina, difendendosi dalle incursioni dell’Italia che metteva in mostra un gioco d’attacco che le aveva permesso di conquistare ben quattro vittorie su cinque gare disputate. Inoltre gli azzurri avevano bisogno di una vittoria per raggiungere la finale. Al culmine di una pressione durata venti minuti l’Italia passava in vantaggio con una autorete di Brandts, che toglieva il pallone dai piedi di Bettega mentre stava per calciare, infilando Schrijvers in uscita. Oltre al gol sull’Olanda si abbatteva un’altra tegola: nell’azione del gol Schrijvers si infortunava seriamente ad un ginoscchio e doveva lasciare spazio a Jongbloed. L’Italia era padrona del campo e Jongbloed fu chiamato ad un difficile intervento su un gran tiro di Benetti. All’intervallo il punteggio era di 1–0 per l’Italia, risultato che stava sicuramente stretto agli azzurri. Nella ripresa Ernst Happel, che si era privato dell’energia di Neeskens sacrificandolo su Paolo Rossi, lo riportava alle sue mansioni abituali e consigliò i suoi di attuare il pressing a tutto campo. Ma durante il primo tempo c’era stato un arbitraggio che aveva influito enormemente sulla gara. Lo spagnolo Martinez, arbitro dell’incontro, aveva permesso agli olandesi un gioco duro ed intimidatorio ai limiti del regolamento con gli italiani che venivano ammoniti appena accennavano ad una reazione. Al 5’ della ripresa Brandts si faceva perdonare l’autorete del primo tempo con un gol che ha dell’incredibile. Il libero dell’Olanda scagliava un bolide da oltre venti metri, mentre stava cadendo, ed infilava la porta di Zoff. Nell’azione precedente il gol c’era il sospetto di un pugno in viso a Zoff non rilevato dal solito Martinez che, visto Zoff scagliare la palla in fallo laterale e lamentarsi per la carezza ricevuta, non aveva fatto altro che concedere agli Oranje la rimessa laterale. Con il pareggio la forza della squadra olandese cresceva, finalmente si affidava al gioco e alle manovre abituali, sfiorò ancora il gol con un’azione da manuale ed al 77’ arrivò la rete che condannò definitivamente l’Italia; su una palla contestata a metà campo intervenne l’arbitro Martinez concedendo la punizione agli olandesi. La battè Krol che appoggiò su Haan, due passi in corsa e gran botta da quaranta metri, la palla schizzò sul palo alla sinistra di Zoff e finì in rete: l’Olanda, per la seconda volta consecutiva, era in finale e l’avversario era ancora una volta la squadra di casa.
L’Olanda approdata alla finale in Argentina era una lontana e sbiadita parente della formazione irresistibile che quattro anni prima in Germania Ovest aveva sbalordito il mondo con un calcio rivoluzionario e spettacolare. L’abbandono a soli 31 anni di Johan Cruijff, il profeta, il solo fuoriclasse in grado di nobilitare quegli schemi impregnati di atletismo e di forza fisica, aveva tolto fantasia ed ispirazione alla manovra. Ernst Happel, lo scontroso e formidabile tecnico austriaco che guidava gli orfani di Johan Cruijff, era tuttavia riuscito ad allestire una squadra ugualmente competitiva, seppur di alterni umori. Il telaio era ancora costituito dagli sfortunati eroi di Monaco di Baviera: il portiere anomalo Jongbloed, Surbieer e Krol, Jansen e Neeskens, Rep e Rensenbrink, Rijsbergen e Haan. I nuovi, non di eccelsa qualità, erano Brandts, Poortvliet, Van Kraay, Nanninga e gli ottimi gemelli Renè e Willy Van de Kerkhof. Era un’Olanda meno scintillante, ma capace di randellare scientificamente, nei momenti di emergenza: l’aveva dimostrato rovesciando la partita con l’Italia, che le era tecnicamente superiore, proprio per averla messa sul piano fisico ed intimidatorio. Sicuramente, se c’era una squadra insensibile al fattore campo, sufficientemente sfrontata per non subire il pesante condizionamento di un pubblico scatenato, questa era l’Olanda. C’era molta attesa per la designazione dell’arbitro, dopo i ripetuti favori ricevuti dai padroni di casa che avevano fatto drizzare le antenne a tutti gli osservatori. La scelta dell’italiano Gonella parve una sufficiente garanzia. Va detto che, inizialmente, era stato designato l’isreliano Klein (che aveva diretto Argentina–Italia 0–1), ma gli argentini protestarono e così venne scelto l’arbitro italiano. L’Argentina aveva raggiunto la finale dopo la famosa gara contro il Perù. La gara dell’Argentina era stata disputata dopo che era terminato l’incontro del Brasile, così da sapere quale risultato servisse per raggiungere la finale. I carioca avevano battuto la Polonia 3–1 ed avevano cinque punti in classifica ed una differenza reti positiva di cinque gol. L’Argentina doveva vincere con quattro gol di scarto per approdare alla finale. La gara terminò 6–0 e, a distanza di anni, il portiere peruviano Ramon Quiroga, nato a Rosario in Argentina, confesserà di aver venduto la partita agli argentini. Nonostante gli aiuti arbitrali e la famosa partita con il Perù, l’Argentina era comunque una buona squadra. Forte in difesa, dove comandava Passarella, a centrocampo potevano giovarsi del talento di Ardiles, mentre l’attacco era guidato da Luque. L’allenatore Menotti aveva escluso, dalla rosa dei 22, tutti i calciatori che giocavano all’estero, ad esclusione di Mario Alberto Kempes, sul quale riponeva tutta la sua fiducia. L’Olanda avrebbe recuperato Suurbier e Rijsbergen, ma preferì schierare la stessa formazione che aveva sconfitto l’Italia. Ben sette di quei giocatori avevano sconfitto, per 4–0, l’Argentina quattro anni prima.

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