Il 1974 è stato l'anno dell'esplosione del calcio olandese, sia sul piano dei club che su quello delle nazionali. L'arancione era il colore nuovo nel panorama calcistico. Si offriva il meglio che c'era sulla piazza. Gli oranje brillavano tra i club, con il Feyenoord, primo club dei Paesi Bassi a vincere un trofeo in Europa (la Coppa UEFA, contro il Tottenham), e tra le nazionali: la selezione guidata ai mondiali da Rinus Michels, al comando dei soldati Van Hanegem, Israel, Jansen, Kindvall e Moulijn e dei giovani smaliziati e capelloni Krol, Rep, Cruyff, Neeskens, Keizer, Haan. Si parla di gente che ha cambiato il calcio, facendo parlare di loro come gli artefici del "calcio totale".
Da quei giorni gloriosi, il calcio olandese può raccontare storie di squadre come il Twente, AZ’67 ed il PSV Eindhoven. La squadra aziendalista di Eindhoven, infatti, salì sul tetto d'Europa nel 1988 grazie al portiere van Breukelen (nella foto) e, soprattutto, alla sapienza tattica di Guus Hiddink.
Qualche anno dopo si impose sulla scena l'Ajax di van Gaal, vincente in Champions nel 1995 e finalista contro la Juventus l'anno successivo. Oggi quei giorni sembrano molto lontani.
La fine dell'incantesimo ha sicuramente come concausa l'arcinota sentenza Bosman, che ha permesso a squadre come il Milan o il Barcellona di saccheggiare letteralmente il tesoro delle squadre olandesi(soprattutto l'Ajax, letteralmente decimato tra il 1996 e 97) per andare ad arricchire soprattutto le loro panchine. Casi eclatanti quelli di Edgar Davids, Patrick Kluivert, Winston Bogarde e Michael Reiziger – giusto per nominarne alcuni – usciti dall'ArenA da campioni e scacciati dai loro nuovi club come se si trattasse di brocchi (ed alcuni, a dirla tutta, non hanno fatto niente per smentire queste voci...). Altri "big", come i fratelli De Boer o Litmanen, hanno lasciato Amsterdam per pochi spiccioli o addirittura gratis.
Le forti entrate nelle casse dei club negli stati europei più importanti, oltre alla possibilità di avere bilanci in rosso per milioni e milioni di Euro (in Olanda, l'Haarlem è fallito per un debito di appena due milioni di Euro) hanno contribuito all'ingigantirsi del gap tra le "piccole" olandesi e le "grandi" inglesi, spagnole, italiane ecc.
La vittoria del Feyenoord, di fatto prima ed ultima squadra dell'Eredivisie ad ottenere un titolo continentale, in UEFA del 2002, sembra quasi un miracolo. La squadra, allenata allora da Van Marwijk (oggi c.t. dell'Olanda), eliminò avversari di tutto rispetto quali il Borussia Dortmund, l'Inter, i connazionali del PSV ed il Glasgow Rangers. Van Hooijdonk, Bona Kalou, van Persie, Paul Bosvelt, Tomasson componevano allora la rosa del Feyenoord, che oggi non avrebbe alcuna possibilità di mantenere una schiera di giocatori di livello medio-alto.
Oggi, infatti, nelle coppe europee è facile vedere tanti giocatori oranje di buon livello, ma è sempre più raro assistere a prestazioni di buon livello delle squadre che, uscite dalle loro "certezze" casalinghe vengono spesso schiacciate dalle avversarie.
Solo in tre sono sopravvissute alla prima scrematura europea. Fatto fuori l'AZ dalla Champions, la stessa sorte ha avuto l'Heerenveen in Europa League, complice anche la disastrosa gestione di Jan De Jonge. Poco meglio hanno fatto Twente, PSV ed Ajax. Questi ultimi, in particolare, rei di aver gettato via la possibilità di sfidare un avversario molto più abbordabile rispetto alla Juventus, giocando l'ultima partita del girone, con la qualificazione già in tasca, senza un minimo di voglia e mordente. Risultato: l'Anderlecht ha passato il turno battendo l'Atlethic Bilbao, l'Ajax ha fatto resuscitare la Juventus. La partita di ritorno a Torino ha permesso di dimostrare la piccolezza degli ajacidi in Europa. Snaturato il classico 4-3-3 e con l'assenza di Suarez, l'Ajax ha prodotto pochissimo, dimostrando quasi di aver rinunciato in partenza ad ogni possibilitù di qualificazione. Sulla carta, la superiorità della Juve era manifesta, ma la squadra di Jol ha giocato quasi con la coda tra le gambe, dimostrando come, quando non c'è Luis Suarez, Sulejmani sia nient'altro che un buon giocatore da Heerenveen e Pantelic capace di mettere in difficoltà le difese del Roda o del Vitesse, ma poche altre.
Stesso discorso vale per il Twente di McClaren. Dopo la vittoria casalinga, a Brema c'è stato un vero e proprio tracollo, mascherato solo dal fatto che, sul 3-1 per i padroni di casa, una traversa ha illuso i Tukkers. Il gol, infatti, avrebbe significato una insperata ed immeritata qualificazione, visto il gioco prodotto a Brema.
Un pò più di spessore lo ha mostrato il PSV, vittorioso in casa all'ultimo respiro contro l'Amburgo con il risultato di 3-2. Non per nulla si tratta della squadra che negli ultimi anni ha fatto meglio nelle campagne Europee. Semplicemente troppo poco per passare il turno, ma abbastanza per lasciare l'amaro in bocca.
In questa odissea che i club olandesi stanno affrontando, il primo scoglio, quasi insormontabile, è rappresentato dalla carenza di fondi. Dicevo prima dell'Haarlem, fallito per un debito di due milioni di Euro che difficilmente sarebbe mai stato appianato, ma sono altresì famose le vicende dell'AZ, passato dalle stelle alle stalle per via del crac di Dirk Scheringa e della DSB Bank, di cui era titolare.
Anche l'Ajax ha fortissime passività, mascherate solo dal forte sostegno economico delle banche, mentre il Feyenoord attraversa una crisi economica che costringe i dirigenti a puntare esclusivamente sul proprio vivaio.
Sorprendente è una recente indagine: una squadra di metà classifica in Inghilterra ottiene dai diritti tv più dell'intero budget annuale dell'Ajax, mentre l'Eredivisie risulta meno seguita della Championship.
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