Era il 30 aprile 1905 quando, al Kiel Stadion di Anversa, Kees Van Hasselt, commerciante di tessuti nel porto di Rotterdam, nonchè giocatore dello Sparta Rotterdam, vide finalmente coronare il sogno di organizzare un incontro di calcio tra due squadre che rappresentassero ufficialmente le rispettive nazioni.
Maglia bianca, attraversata diagonalmente da una striscia tricolore rossa, bianca e blu, pantaloncini neri e calzettoni bianchi (la classica divisa oranje verrà adottata solamente sul finire del 1909), la Nazionale Olandese che scese in campo per affrontare il Belgio, di fronte a circa 800 persone, fu la decima nazionale in Europa a giocare una partita ufficiale dopo Inghilterra, Scozia, Galles, Irlanda, Austria, Ungheria, Boemia, Belgio e Francia.
Dopo 15 anni dalla fondazione della sua Federazione, l’Olanda disputò la sua prima gara ad Anversa, sul campo del Beerschot, bagnando il suo esordio con una brillante vittoria per 4–1, grazie ad una quaterna dell’attaccante Eddy de Neve del Velocitas Breda, che permise agli olandesi di aggiudicarsi la Coppa Vanden Abeele (dal nome del presidente del Beerschot Fritz Vanden Abeele), chiamata anche “Het Koperen Vod” (lo straccio di rame) per la sua forma tutt’altro che simmetrica ed artistica.
Maglia bianca, attraversata diagonalmente da una striscia tricolore rossa, bianca e blu, pantaloncini neri e calzettoni bianchi (la classica divisa oranje verrà adottata solamente sul finire del 1909), la Nazionale Olandese che scese in campo per affrontare il Belgio, di fronte a circa 800 persone, fu la decima nazionale in Europa a giocare una partita ufficiale dopo Inghilterra, Scozia, Galles, Irlanda, Austria, Ungheria, Boemia, Belgio e Francia.
Dopo 15 anni dalla fondazione della sua Federazione, l’Olanda disputò la sua prima gara ad Anversa, sul campo del Beerschot, bagnando il suo esordio con una brillante vittoria per 4–1, grazie ad una quaterna dell’attaccante Eddy de Neve del Velocitas Breda, che permise agli olandesi di aggiudicarsi la Coppa Vanden Abeele (dal nome del presidente del Beerschot Fritz Vanden Abeele), chiamata anche “Het Koperen Vod” (lo straccio di rame) per la sua forma tutt’altro che simmetrica ed artistica.
Quindici giorni dopo si giocò la rivincita, questa volta a Rotterdam in uno stracolmo Crooswijkse Schuttersveld (lo stadio dello Sparta Rotterdam), invaso da oltre 3.000 appassionatissimi spettatori, riunitisi intorno a tutto il perimetro del campo, sull’unica angusta tribuna posta in maniera trasversale rispetto ad uno dei lati corti del terreno di gioco, e perfino sui bassi tetti degli edifici adiacenti. La selezione dei “cugini” venne accolta con tutti gli onori, alloggiata e rifocillata al meglio. Il risultato però non cambiò, con i tulipani che rifilarono ancora 4 reti (a zero) al Belgio ed il giornalista dell’epoca, Doe Hans, del “Het Sportblad”, glorificò il centravanti Bok de Korver, dello Sparta Rotterdam, così: “dal centro dell’attacco vagabonda spesso all’indietro, per poi rifarsi sotto e colpire, come in occasione del primo gol”.
Per Bok de Korver sarà anche l’unico gol con la maglia dell’Olanda nonostante concluda la sua carriera con 31 presenze. Le altre reti portarono la firma del solito Eddy De Neve, per lui una doppietta, e Guus Lutjens, del Velocitas Breda.
Terminata la partita, proprio per sottolineare il termine di “incontro amichevole”, la giornata dei giocatori di entrambe le squadre si concluse con una bevuta al Poolsch Koffiehuis e una cena all’Hotel St. Lucas.
Che il gioco del calcio fosse sempre stato “larger than life”, ovvero più grande della vita stessa, nè dette conferma il “Rotterdamsch Nieuwsblad” quando, nell’edizione del lunedì 15 maggio 1905, fece un’ampia ricognizione, anche grafica (con delle vignette al posto delle foto), sull’incontro di calcio svoltosi il giorno prima. Una partita di football più importante di alcuni avvenimenti mondiali di quel tempo, come la guerra tra Russia e Giappone, relegata su una colonna, mentre le restanti quattro, che completavano la stampa della prima pagina, furono dedicate al match in questione. Il giornale olandese, attraverso il suo direttore Kees Sijthoff ed insieme alla Federazione, aveva divulgato già il sabato precedente un articolo nel quale, oltre a pubblicizzare l’avvenimento, illustrava lo schieramento tattico che avrebbero adottato i “bianchi” selezionati da Kees Van Hasselt.
E dalle righe del “Rotterdamsch Nieuwsblad” si potè notare come gli olandesi rivolgessero, già a quel tempo, particolare attenzione alla disposizione in campo della squadra, gettando probabilmente il seme per quelle escursioni evolutive sugli schemi di gioco che avrebbero sorpreso l’Europa a partire dalla fine degli anni sessanta. Gli undici sarebbero scesi in campo con un modulo 2–3–5, sottolineando la figura del regista arretrato, di due ali classiche e di un centravanti mobile.
A partire da quel momento, l’Olanda diviene in poco tempo una delle potenze del calcio europeo (il 24 marzo 1913 arriva, a Den Haag, la prima storica vittoria sui maestri inglesi), uno status che mantiene fino alla metà degli anni venti (nel frattempo la maglia è diventata arancione in onore della Casa Reale d’Olanda), mettendo in bacheca tre bronzi olimpici (Londra 1908, Helsinki 1912 e Anversa 1920).
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