I protagonisti del calcio olandese - Jari Litmanen, campione di cristallo



Nell'immaginario di tutti i seguaci di calcio, l'Ajax è la squadra olandese per antonomasia.
Ad Amsterdam hanno giocato calciatori del calibro di Johan Cruijff, Piet Keizer, Johan Neeskens, Ruud Krol, Frank Rijkaard, Marco van Basten. Tutti giocatori olandesi, fondamenta della storia del club.
Ma se andiamo a spulciare la lista di chi è sceso per più volte in campo con la maglia biancorossa, non può non saltare all'occhio il nome di Jari Litmanen, uno dei calciatori più amati dai tifosi di Amsterdam e dintorni.

Jari Olavi Litmanen, nato nel febbraio 1971 a Lahti, cittadina sede di importanti manifestazioni sciistiche, amava, oltre al calcio, giocare a hockey, uno degli sport nazionali finlandesi.
Trovatosi davanti a un bivio, il giovane Jari sceglie di seguire le orme dei genitori, entrambi ex calciatori professionisti nel loro paese, iniziando l'avventura con il Reipas Lahti (oggi FC Lahti), squadra con la quale esordisce nella massima serie del campionato finlandese e con cui giocherà per quattro stagioni, prima del trasferimento al MyPa.
Gli osservatori fanno la fila per vedere giocare il ragazzo, che in un anno gioca 18 partite e segna 7 goal, prima di trasferirsi all'Ajax, su espressa richiesta di Louis van Gaal.

Una volta firmato il contratto grazie alla mediazione di David Endt, team manager ajacide, Litmanen galleggiò a lungo tra la prima e la seconda squadra, spesso oscurato dal genio di Dennis Bergkamp, del quale Litmanen, almeno all'inizio, rappresenta solo un ricambio.
Salutato Bergkamp, acquistato dall'Inter, Van Gaal sembrava preferire Petersen nel ruolo di successore del biondo attaccante olandese, ma per via di un infortunio del danese, dovette ripiegare su Litmanen, sancendone la definitiva esplosione.
La stagione 1993/94 vede l'Ajax vincere in patria (Supercoppa d'Olanda e Eredivise) guidata proprio da Jari Litmanen, miglior giocatore e nuovo capocannoniere del campionato con 26 goals. 
L'anno successivo, se possibile, le cose, per il giocatore finlandese, vanno ancora meglio: oltre a condurre l'Ajax alla vittoria del campionato, Litmanen alza al cielo la Coppa dei Campioni e viene nominato sportivo finlandese dell'anno (prima volta assoluta per un calciatore).
A dispetto del fantastico tris in campionato, nella stagione 1996/97 molti ingranaggi della macchina perfetta costruita da Van Gaal vengono meno. Davids, Reiziger, Kanu e Kluivert lasciano il club per cercare fama in Italia, ma Litmanen decide di rimanere e continuare a vincere e segnare ad Amsterdam.
Estasiati dalle prestazioni del loro numero 10, i tifosi ajacidi coniarono il coro “Litmanen, oh ooh…Litmanen..ohohooooh”, sulle note di Volare di Domenico Modugno.



Vero leader in campo, insieme al capitano Danny Blind, con il quale c'era un intesa particolare, nei 7 anni all'Ajax Litmanen vince quattro Eredivisie, tre Coppe d'Olanda e quattro Supercoppe d’Olanda, distinguendosi sempre per un gioco estremamente corretto e pulito. Era Il primo a ringraziare i compagni e l'ultimo ad andarsene quando la squadra salutava i tifosi.

Purtroppo, però, l'innata classe era stata distribuita in un corpo troppo incline agli infortuni.
Quando lascia Amsterdam per raggiungere il suo mentore, Louis van Gaal, che a Barcellona aveva già riunito i fratelli De Boer, Bogarde, Kluivert, Reiziger ed Overmars, Litmanen cade in un baratro di infortuni a ripetizione, che ne condizionano la definitiva consacrazione a livello europeo.

Dopo il buio di Barcellona, "Litti" parte per l'Inghilterra, destinazione Liverpool. Nella squadra per la quale aveva tifato da bambino e dove aveva giocato Dalglish, il suo idolo, venne immediatamente definito dal manager Gérard Houllier come "uno dei più eccitanti acquisti che il Liverpool abbia mai fatto". Purtroppo, ancora una volta, gli infortuni ne limitano enormemente il rendimento, pur non impedendogli di festeggiare per la conquista, con i reds, del Cup Treble, grazie ai trionfi in Worthington Cup, FA Cup e Coppa UEFA.

Dopo la sfortunata avventura inglese, Litmanen decide di tornare all'Ajax, provando a riacquisire la fiducia persa. Accolto come un re dai tifosi, il finlandese è la chioccia che fa crescere Ibrahimovic e Sneijder, tra gli altri. Quell'Ajax arriva ai quarti di finale di Champions League (per ora l'ultimo miglior risultato raggiunto) ma viene eliminato dal goal-beffa di Pippo Inzaghi a tempo scaduto.


La dirigenza del club di Amsterdam, preoccupata per i tanti infortuni, decide di non confermargli il contratto, obbligandolo a cercare fortuna e stimoli altrove. Hansa Rostock, Malmo e Fulham, con Hodgson in panchina, prima del ritorno in patria, con la maglia del FC Lahti, club che lo ha lanciato nel calcio che conta. Il contributo di Litmanen alla stagione della squadra è decisivo, tanto da portare la squadra a una storica qualificazione in Coppa UEFA, prima ed unica per la squadra della cittadina a 60km da Helsinki. I tifosi, però, non gli perdonano il  trasferimento agli odiati rivali dell'HJK Helsinki, dettato soprattutto da ragioni di necessità, visto che Litmanen vive con la famiglia a Tallin, in Estonia.

Imprevedibile, elegante e vincente, il numero 10 finlandese, è uno dei pochi giocatori ad aver giocato in quattro decadi diverse a livello professionistico. Una vera e propria leggenda per i tifosi dell'Ajax. 
Negli anni, Litmanen è stato capace di segnare in ogni modo, distinguendosi anche per le caterve di assist e per il gioco di squadra prodotto nel corso della sua lunga carriera.
Dotato di un grandissimo senso del goal, Litmanen è stato tutto fuorchè una punta.
Era piuttosto quello che oggi chiameremmo, forse, un falso nueve, dotato di un'intelligenza fuori dal normale che si rispecchiava, in campo, nel suo non sbagliare mai un passaggio o leggere l'azione con netto anticipo rispetto agli avversari. La sua duttilità gli ha permesso anche di giocare da mediano metodista: avendo una grande visione di gioco ed intelligenza tattica, Litmanen ha spesso giocato davanti alla difesa, garantendo ai suoi una grande quantità di palloni giocabili.

Per lui non c'era differenza: petto, testa, tacco, piede destro o sinistro. Li poteva usare tutti, senza problema.


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