Ritorno dei quarti di finale della Coppa di Spagna 1977–78: al Camp Nou, il Barcellona di Johan Cruijff, che alla fine vincerà il trofeo (3–1 al Las Palmas), riceve il piccolo Deportivo Alavés e, malgrado il sorprendente 1–0 di Vitoria, il pronostico pare a senso unico.
A metà della ripresa, il gioco viene interrotto per un fallo senza importanza e Cruijff comincia protestare. L’arbitro, in manifesta sudditanza psicologica, si dilunga in spiegazioni e il siparietto esaspera il giovane Jorge Valdano che sbotta: al capitano “blaugrana” suggerisce di tenersi il pallone e di darne un altro alle due squadre affinché continuino la partita, mentre al direttore di gara consiglia di lasciare all’olandese anche il fischietto perché tanto si è capito chi comanda.
Il Profeta del gol, con uno sguardo a metà fra il compatimento e la noia, gli chiede come si chiama e quanti anni ha. Alle risposte dell’ingenuo attaccante – “Jorge Valdano, ventidue” – fa seguito, pronta e glaciale, la controreplica: “Ragazzino, a ventidue anni a Cruijff si dà del lei”. Alle parole seguono rapidamente i fatti: Johan Cruijff entra in area a tutta velocità, inseguito proprio da Valdano. L’olandese si arresta di colpo, l’argentino riesce a evitare l’impatto, ma Cruijff frana a terra in modo del tutto credibile: rigore!
Barcellona 1, Alaves 0, primo e decisivo passo verso il 2–0 che varrà la semifinale.
Tutto questo e molto di più era Cruijff: in campo ha (quasi) sempre avuto ragione lui; fuori, in panchina o davanti ai microfoni, pure. Troppo bravo, e consapevole di esserlo, per piacere agli altri.
Hendrik Johannes (Johan) Cruijff nasce il 25 aprile 1947 alla periferia di Amsterdam, al n. 92 della Tuinbeuwstraat. Il quartiere fa onore al suo nome, Betondorp (villaggio di cemento) perchè non c’è un filo d’erba.
Il padre Manus e la madre Nel Draaijer vi si erano trasferiti dal rione Jordaan, dopo aver acquistato una modesta dimora con annesso negozietto di frutta e verdura, l’attività di famiglia da un paio di generazioni (erano fruttivendoli anche il padre e un fratello del signor Cruijff).
L’infanzia del piccolo Johan non può definirsi felice: una bicicletta è il suo piccolo grande sogno, che rimarrà inappagato. Col fratello Heini, che ha due anni più di lui, e con gli altri bambini del quartiere gioca interminabili partite a pallone. Il suo talento naturale ha dello stupefacente: a cinque anni, grazie anche al collo del piede quasi “piatto” dovuto ad una malformazione congenita, arriva senza sforzo a 150 palleggi consecutivi. Lo stadio dell’Ajax Amsterdam, che dista appena 200 metri da casa, diventa praticamente la sua residenza. Il piccolo Johan trascorre ore ed ore ad assistere agli allenamenti.
Johan Cruijff, soprannominato “Jopie” dalla madre, è un predestinato: a 3 anni riceve il primo completino della squadra e a 9 ha in dono il primo paio di scarpe da calcio “vere”, per i tempi un lusso difficilmente sostenibile. Appena esce da scuola corre immediatamente allo stadio dell’Ajax Amsterdam, dove si è fatto un grande amico, il magazziniere, che chiama affettuosamente Zio Henk. Lo aiuta a sbrigare qualche lavoretto come lucidare le scarpe da gioco, gonfiare i palloni, piazzare le bandierine dei calci d’angolo.
Tra i giocatori e i dirigenti dell’Ajax Amsterdam, Johan diventa popolarissimo e sempre più spesso gli viene regalato il biglietto per assistere alle partite. Al compimento del decimo anno di età entra a far parte delle giovanili dell’Ajax Amsterdam insieme al fratello Heini. Lui centravanti e il fratello stopper. Johan ha un fisico gracilissimo, dimostra appena sei anni, ma strabilia compiendo prodezze in serie. A 13 anni perde il padre per un attacco cardiaco e i problemi della famiglia diventano drammatici, anche perchè la madre nel giro di poco tempo deve cedere casa e negozio. Johan ottiene per lei, dal vicepresidente dell’Ajax Amsterdam, un posto come donna delle pulizie allo stadio e come commessa al banco del bar. Johan Cruijff continua ad essere un protagonista dei campionati giovanili: in un anno segna 74 reti! Vic Buckingham, l’allenatore inglese della prima squadra, comincia a tenerlo d’occhio. Su Johan l’inglese lavora sodo. Ne frena l’istinto individualista e ne potenzia il fisico con allenamenti specifici. Tecnicamente però non gli insegna nulla: sa già tutto. A 14 anni Johan vince il suo primo campionato nella categoria “ragazzi” giocando con la maglia numero 14. questo fatto lo induce a credere ciecamente che il 14 gli porti fortuna e fa di tutto per poter giocare sempre con questo numero, in un epoca in cui i numeri con la prima cifra diversa dall’1 e la personalizzazione delle casacche sono un’astrusità inimmaginabile. A 16 firma il primo cartellino: passerà alla storia l’aneddoto che lo vede interrompere la madre intenta a pulire il pavimento, perché “tu sei la madre di Cruijff”.
Il 15 novembre 1964, a 17 anni, esordisce in prima squadra in FC Groningen–Ajax Amsterdam 3–1. Rispetto agli avversari, gente del nord, alta e grossa, il talentuoso magrolino (1,76 x 67) è in chiaro deficit fisico (un suo corner non arriva nemmeno in area), ma sul piano tecnico si dimostra una spanna sopra tutti. Alla seconda partita da titolare, nel 5–0 interno contro il PSV Eindhoven, va in gol dopo aver fatto passare la palla sopra la testa di tre avversari, alla quarta si presenta davanti al portiere dopo un dribbling ubriacante, lo chiama fuori dai pali e lo dribbla due volte prima di mettere la palla in rete. Lo stadio comincia a riempirsi di gente che vuole vedere questo fantastico ragazzino. E lui non delude nessuno: è dappertutto, letteralmente. In difesa, a centrocampo, in zona gol. Batte a rete di destro, di sinistro, di testa. Incanta soprattutto il modo personalissimo con cui palleggia e calcia con l’esterno del piede destro. Gli bastano poche apparizioni per diventare titolare inamovibile. Il 29 novembre, l’Ajax Amsterdam viene seppellito di reti, 9–4, sul campo del Feyenoord Rotterdam, un risultato che assesta un tremendo scossone alla già traballante panchina di Buckingham. L’Ajax Amsterdam è pericolosamente vicino alla zona retrocessione ed il 21 gennaio 1965, all’indomani del pareggio nel derby con il DWS Amsterdam, Buckingham viene esonerato. Tre giorni dopo, gli subentra il “generale” Rinus Michels, 38enne ex centravanti del club, che impone una rigida disciplina in campo (allenamenti durissimi) e fuori (in ritiro vieta perfino di giocare a carte). Il 24 marzo 1965, a Leeuwarden, Johan Cruijff debutta nella Nazionale Giovanile per gli Europei di categoria.
A 19 anni vince il campionato ed esordisce, con gol, in Nazionale: Olanda–Ungheria 2–2, gara nella quale accade l’episodio, mai chiarito, del pugno all’arbitro. Cruijff, primo espulso di sempre nella storia della selezione arancione, ha sempre negato di averlo sferrato, ma questo non basta ad evitargli una squalifica (di un anno poi ridotta a 6 mesi) figlia soprattutto del clamore suscitato dalla vicenda. In patria intanto, la fama di Cruijff, secondo olandese a passare professionista (il primo era stato il compagno di reparto Piet Keizer), cresce esponenzialmente con i successi della squadra. A 20 anni campionato e coppa, oltre alla classifica dei marcatori con 33 reti.
Dell’Ajax Amsterdam che si porta rapidamente ai vertici del calcio internazionale è l’uomo più rappresentativo. Nel 1971 vince per la prima volta il “Pallone d’Oro” di France Football quale miglior calciatore europeo dell’anno, trofeo che gli sarà assegnato anche nel 1973 e 1974, quando risulta il più ammirato protagonista del Mondiale che l’Olanda chiude al secondo posto dietro la Germania Ovest. Nel 1972 centra il primo “Grande Slam” della storia del calcio, anche se allora nessuno si sogna di chiamarlo così: in bacheca arriva Campionato e Coppa Nazionale, la Coppa dei Campioni vinta contro l’Internazionale FC con una doppietta di Cruijff, la Coppa Intercontinentale e la neonata Supercoppa Europea.
Nell’estate del 1973, dopo aver vinto tutto con l’Ajax Amsterdam (6 campionati, 4 Coppe d’Olanda, 3 Coppe dei Campioni, 2 Supercoppe Europea, 1 Coppa Intercontinentale e due titoli di capocannoniere), si trasferisce al Barcellona. Il passaggio ai Blaugrana non è così semplice poiché l’Ajax Amsterdam e il Real Madrid si sono segretamente accordati per il trasferimento di Johan Cruijff alla corte delle Merengues. Ma Johan si ribella perchè vuole il Barcellona dal momento che ha fatto una promessa al presidente Montal e quindi vuole i soldi che il massimo dirigente catalano gli ha promesso tre anni prima. A questo punto inizia il braccio di ferro tra Johan Cruijff e l’Ajax Amsterdam che prosegue fin dopo l’inizio del campionato olandese, ma il clima ostile che si respira all’interno della squadra per inevitabili gelosie, anche a livello economico, spingono Johan Cruijff a rifiutarsi di giocare e a minacciare il ritiro, anche perchè sembra che il Barcellona voglia puntare su Gerd Müller. Il giocatore è difeso apertamente da Rinus Michels, allenatore del Barcellona e della nazionale olandese. Alla fine arriva il sospirato trasferimento in Catalogna per la cifra astronomica di tre milioni di fiorini olandesi, circa seicentomila euro di allora.
Nasce così l’avventura forse più affascinante che il calcio moderno può raccontare, una storia d’amore senza paragoni fra un campione, che ha la fama di essere antipatico, ed una città, un popolo, molto diversi da lui. L’amore che il campione ha per questa terra, per questa squadra e questo popolo è tale che al momento di battezzare il suo terzo figlio, Johan Cruijff lo chiamerà Jordi, in onore del santo protettore della Catalogna. Il Barcellona sta vivendo un periodo delicato e non vince la “Liga” da ben quattordici anni, ed ora, con l’arrivo del “papero d’oro”, Rinus Michels non ha più alibi e deve vincere. Tuttavia, a causa di cavilli “tecnici” legati alla definizione del contratto, curata dal suocero, il miliardario commerciante di diamanti Cor Coster, Johan Cruijff può arrivare a Barcellona solo in ottobre quando la squadra blaugrana è penultima in classifica con tre sconfitte in sette gare ed è stata già eliminata in Coppa UEFA.
Il 28 ottobre 1973, di fronte ad un Camp Nou pieno all’inverosimile, finalmente Johan Cruijff debutta nella Liga, segna due reti, ed il Barcelona CF trionfa per 4–0 sul Granada. Il 22 dicembre 1973 segna una delle più belle reti mai viste su un campo di calcio: rovesciata di tacco nella vittoria, per 2–1, contro l’Atletico Madrid. È L’inizio di una cavalcata trionfale per il “Barça” e per i suoi tifosi che stanno per vivere un’avventura che fino a qualche mese prima non avrebbero neppure osato a sognare. Ventisei partite consecutive senza sconfitte, nove vittorie di fila e una stagione che tocca il suo apice il 16 febbraio 1974: il Barcelona CF, trascinato da un Johan Cruijff straordinario, umilia il Real Madrid al Santiago Bernabeu con un incredibile 5–0.
Coi catalani vince subito un campionato e una coppa di Spagna nel 1978, ma l’avventura iberica gli riserva soprattutto dolori: le feroci polemiche con gli arbitri, il killeraggio scientifico di spietati difensori come Villar, la paura di rapimenti, l’influenza filo franchista del Real Madrid. Inoltre, dopo la partenza di Rinus Michels, arriva un sergente di ferro come il tedesco Weisweiler che lo considera semplicemente un giocatore. La sconfitta di Montal alle elezioni e la partenza di molti uomini della vecchia guardia lo costringono ad annunciare il ritiro dalle scene calcistiche a solo 31 anni. È L’anno dei Campionati del Mondo in Argentina, ma ad allenare “l’arancia meccanica” non c’è più Rinus Michels, ma un altro “orso” come l’austriaco Ernst Happel, pertanto Johan Cruijff capisce di non essere più il leader assoluto e rinuncia a parteciparvi.
Una serie di investimenti sbagliati (mal consigliati dal finanziere internazionale Jack van Zanten), tra cui un allevamento di maiali in una fattoria sui Pirenei, lo costringono al ritorno agonistico. A sollecitarlo è chi ne cura gli interessi, cioè il ricchissimo suocero Cor Costner, re dei diamanti e padre dell’ex fotomodella Danny che Johan ha sposato il 2 dicembre 1968. E’ questa la fase più brutta della carriera di Cruijff che, in versione globetrotter ma ormai parodia di se stesso, cerca di spremere gli ultimi spiccioli dal suo straordinario talento. Rifiutato un ingaggio miliardario propostogli dai New York Cosmos (anche) perchè giocavano su erba sintetica, nel 1979 Cruijff firma per i Los Angeles Aztecs e l’anno successivo veste la maglia dei Washington Diplomats.
Il 2 marzo 1981 ritorna al calcio europeo col Levante, seconda divisione spagnola. Dopo 9 mesi, e una decina di partite senza gloria nè soldi, ecco la resurrezione: il 6 dicembre dello stesso anno eccolo nuovamente con la maglia dell’Ajax Amsterdam che, al De Meer, batte 4–1 l’Haarlem (straordinario il suo gol in pallonetto). Assieme al giovane Rijkaard disputa altre due stagioni, vincendo due campionati e una coppa. In tutti lo danno per finito: su tutti il presidente Ton Harmsen, col quale non instaurerà mai lo stesso, conflittuale eppure produttivo, rapporto che aveva, negli anni d’oro, col predecessore Jaap van Praag. In totale con i lancieri disputa 275 partite di campionato con 205 reti prima di passare al Feyenoord Rotterdam della matricola Gullit nell’estate del 1983 vincendo subito il campionato, il nono, e la Coppa d’Olanda, la sesta della sua carriera.
Due anni dopo è di nuovo con l’Ajax Amsterdam, questa volta come consulente tecnico. Poi subentra a Leo Beenhakker e ricostruisce dalle fondamenta il settore giovanile. Nel 1987 guida i biancorossi alla conquista della Coppa delle Coppe contro i tedeschi orientali del Lokomotiv Lipsia grazie ad un gol di Marco Van Basten. L’anno seguente, le divergenze di vedute con la dirigenza, gli fanno capire che è giunto il momento di nuove sfide.
Come il suo maestro Michels, torna in Catalogna per allenare il Barcelona CF, la cui casacca di riserva diventa arancione, come la maglia della nazionale olandese, in onore del grande campione olandese. Nel 1989 bissa il successo in Coppa delle Coppe quindi, quello che non gli era risuscito da calciatore gli riesce da allenatore: è il 1992, e con un gol dell’olandese Ronald “Rambo” Koeman, il Barcelona CF vince la sua prima Coppa dei Campioni con il suo campione più amato in panchina. Johan Cruijff lascia una traccia indelebile come allenatore: oltre alla Coppa dei Campioni conquista ben quattro campionati consecutivi (di cui 2 gentilmente regalati da Real Madrid ed Atletico Madrid) ed una Coppa di Spagna.
In Europa diverte tanto, ma vince meno di quanto potrebbe (memorabile il 4–0 di Atene ’94 inflittogli nella finale di Coppa dei Campioni dal Milan AC di Fabio Capello). Nel 1996, i dirigenti del Barcelona CF, con in testa il presidente Josep Luis Nuñez, suo nemico storico, gli presentano il conto: due anni di insuccessi sono troppi per chi pretende di fare sempre di testa propria, e così lo mettono alla porta. Cruijff potrebbe allenare dove e quando vuole, ma preferisce occuparsi della sua salute (dopo i due by pass del 1991 è diventato testimonial di una celebre campagna antifumo: “nella mia vita ho avuto solo due vizi: uno, il calcio, mi ha dato tutto, l’altro, il fumo, stava per togliermelo”); della formazione calcistica dei ragazzi e della loro istruzione; della fondazione benefica che porta il suo nome; dei tornei di calcio a sei (il campo è di 42 x 28 tutti multipli di 14), patrocinati dal quotidiano De Telegraaf.
Ha scritto libri (il suo “Mi piace il calcio, ma non quello di oggi" è uno dei più letti), è apparso in tv come opinionista, si è dedicato alla famiglia e al "suo" Ajax, fino a che la malattia non l'ha sconfitto.
Sommando la carriera di giocatore “totale” a quella di allenatore coraggioso e innovativo, non appare ardua la tesi che vuole Cruijff fra i più grandi, se non il più grande, di ogni epoca. Nessuno tra i fuoriclasse che capeggiano le classifiche all time ha saputo dimostrarsi tale anche da allenatore: non Alfredo Di Stefano (che però qualcosina l’ha vinta), non Maradona e tantomeno Pelè, che neanche ci ha provato.
L’unico che può reggere il confronto è Franz Beckenbauer, l’amico nemico di sempre, campione del mondo da capitano e da allenatore.
Ciao Johan, ci mancherai.
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