Per la nazionale olandese la gara inaugurale della X Coppa del Mondo FIFA si disputa ad Hannover e l’avversario di turno è l’Uruguay, due volte Campione del Mondo e semifinalista quattro anni prima a Mexico ’70. I sudamericani sono una squadra molto forte sul piano fisico, con i suoi giocatori che entrano in tackle in maniera dura e senza tanti complimenti. Nell’Uruguay gioca Ladislao Mazurkiewicz, famoso portiere, tra i migliori mai visti all’opera nella fase finale di un Campionato del Mondo, il vecchio capitano Pedro Rocha e l’attaccante Luis Cubilla, protagonisti da diversi anni con la maglia della “Celeste”. A centrocampo giocano Julio Montero Castillo e Victor Esparrago, anche loro reduci dalla rassegna iridata di quattro anni prima, persa in semifinale contro il grande Brasile di Pelé. In attacco la stella è Fernando Morena, centravanti del Peñarol Montevideo, vincitore della classifica marcatori sia in campionato che nella Coppa Libertadores.
Anche l’Uruguay, come l’Olanda, si era qualificata grazie alla miglior differenza reti. I sudamericani avevano ottenuto il visto per la Germania Ovest a spese della Colombia, mentre gli olandesi avevano prevalso sui cugini del Belgio. Gli Oranje, dal punto di vista individuale, erano superiori all’Uruguay, avevano uno spirito di squadra più forte, una organizzazione di gioco più solida, ma soprattutto erano più in forma dei loro avversari. La squadra di Michels era rapida nel battere i calci di punizione, eseguivano scambi veloci contro degli avversari stupiti che, non potendo controbattere, si limitavano a fare falli da dietro. In difesa gli olandesi si muovevano in modo casuale, talvolta spericolato, e quando la trappola del fuorigioco non funzionava, c’erano le uscite di Jongbloed a risolvere i problemi generati dalle amnesie di Rijsbergen e Haan, aggiungendo ancora più spettacolo a quello già offerto dal resto della squadra.
Fin dall’inizio del match si capisce come i sudamericani intendano impostare la partita. Gli olandesi stringono d’assedio gli avversari che sono costretti alla difensiva. Il primo gol arriva dopo un quarto d’ora; Suurbier va in sovrapposizione sulla fascia destra, Cruijff, come sempre, attende che i difensori gli vadano incontro, quindi si libera della palla servendo lo stesso Suurbier che effettua il cross per Rep che, di testa, infila la porta difesa da Mazurkiewicz. Gli olandesi sembrano irresistibili e si prospetta una gara ricca di gol. Il loro continuo movimento era la chiave della partita, creando spazio quando avevano il possesso della palla e chiudendo gli spazi agli avversari appena la perdevano, andando in tackle e pressando il portatore di palla con più giocatori. Il secondo tempo venne giocato con un ritmo piuttosto basso, ma l’andamento della gara cambiò di poco. Forlan si beccava il giallo per un colpo a Krol. Seguirono una serie di falli cattivi per cercare di innervosire gli avversari. L’Uruguay, dopo aver resistito alla furia olandese, sentiva che poteva provare anche a pareggiare la partita e l’allenatore Roberto Porta rimpiazzò Cubilla con Denis Millar, altro attaccante, ma le uniche e scarne possibilità di salvare la gara furono gettate al vento a causa della loro indisciplina.
Masnik venne ammonito per un fallo su Neeskens, mentre Montero Castillo fu espulso per avere pestato il piede di Rensenbrink dopo che questi si era già liberato della palla. Questo fallo non era certo il peggiore di tutta la partita, ma solo uno di troppo per un arbitro che finora aveva graziato i sudamericani. Tuttavia per l’Olanda la gara non era ancora vinta, ma Michels, un allenatore senza paura di cambiare una squadra quando si presentava il bisogno, resistette alla tentazione di far entrare uno dei due attaccanti seduti in panchina, Keizer e Geels.
A quattro minuti dal termine, l’Olanda realizzò la rete del 2–0 che mise al sicuro la partita e fu un gol che incarnava il modo di giocare degli Olandesi. Rep, nella propria metà campo, intercettava un rinvio del portiere, passava la palla a Suurbier spostandosi sulla fascia. La palla arrivava a van Hanegem che allargava sulla sinistra per Rensenbrink. Un paio di finte e la palla tornò indietro a Rep che, nel frattempo, aveva trovato il modo di smarcarsi nel cuore della difesa uruguagia e di destro realizzava la propria doppietta personale. L’Olanda era stata un concentrato di brillantezza su tutte la parti del campo, mentre l’Uruguay ottenne esattamente ciò che il suo approccio negativo alla gara meritava. La Coppa del Mondo era cominciata nel migliore dei modi, con una vittoria e tanto bel gioco. Per il pubblico neutrale l’Olanda era la squadra da seguire.
Quattro giorni più tardi, al Westfalen Stadion di Dortmund, l’Olanda affrontava la Svezia in una gara che certamente non resterà nella storia della Coppa del Mondo. I ragazzi di Rinus Michels attaccavano in maniera intelligente quando potevano, ma erano costretti a doversi difendere di più rispetto alla gara precedente. Gli olandesi non erano ispirati come nella gara di esordio, mentre la Svezia, nonostante le occasioni avute, non si avventurava troppo in avanti. Gli scandinavi avevano pareggiato la gara di esordio con la Bulgaria ed un altro pareggio con l’Olanda avrebbe significato, con molte probabilità, il passaggio del turno per entrambe. La Svezia indossava una maglia blu con pantaloncini bianchi, mentre gli olandesi vestivano la tradizionale casacca arancione con calzoncini neri.
Gli Oranje adottarono la politica di indossare pantaloncini neri quando gli avversari li avevano bianchi e viceversa, il tutto indipendentemente dal fatto che giocassero in casa o in trasferta. Per questa gara Piet Keizer fu preferito a Rob Rensenbrink e questo fu l’unico cambio che Michels fece nell’undici di partenza durante tutto il Mondiale. Michels non era un grande estimatore del capitano dell’Ajax Amsterdam, specialmente dopo che il giocatore aveva già dato il suo meglio ad alti livelli. Per come intendeva il ruolo di ala sinistra, Michels aveva le idee chiare: Rensenbrink era sicuramente migliore di Keizer. Per lui, la sfida con la Svezia fu l’ultima gara con la maglia dell’Olanda. Inoltre Michels si ricordava bene del fatto che, una delle cause della sua partenza dall’Ajax Amsterdam, era dovuta all’influenza che il giocatore aveva nello spogliatoio dei biancorossi. La piccola festa che Keizer fece per festeggiare la vittoria nelle votazioni per scegliere il nuovo capitano dell’Ajax, dopo la partenza di Cruijff all’inizio della stagione 1973-74, non piacque all’allenatore della nazionale olandese.
Da ora in avanti Rensenbrink sarebbe entrato in pianta stabile nell’undici titolare al posto di Keizer. Rensenbrink non era un goleador, ma un giocatore che dava il massimo per il team e che comprendeva benissimo il concetto di squadra. L’Olanda aveva un chiaro problema a causa dell’altezza dei giocatori svedesi, in particolare con il gigante Ralf Edström, sul quale Rijsbergen doveva arrangiarsi come poteva. Il primo tempo finì 0–0, lo spettacolo fu notevole, ma la gara aveva bisogno di un gol per sbloccarsi. Di certo, durante il match, non mancarono momenti anche divertenti. Un passaggio verso un liberissimo Edström volò via per un fuorigioco, ma l’attaccante svedese fece finta di non sentire il fischio dell’arbitro e si trovò all’altezza del dischetto del rigore con Jongbloed (che sembrava invece non aver sentito il fischio) che lo inseguiva, cercando di colpirlo alle caviglie in tutti i modi. Johan Cruijff sfogò tutta la sua frustrazione sull’arbitro, lagnandosi a lungo per un rigore negato, ma il direttore di gara aveva visto giusto. L’Olanda scoccò una serie di tiri negli ultimi minuti, ma in tutta onestà, il loro attacco era stato abbastanza scomposto, sebbene comprendesse i tre attaccanti dell’Ajax Amsterdam Campione d’Europa un anno prima. La stampa diceva che l’Olanda aveva bisogno di segnare più gol per poter aspirare a diventare un serio pretendente al successo finale. Tuttavia il pareggio con la Svezia fu il risultato più giusto. Il giorno dopo Neeskens firmò un contratto col Barcellona, il club allenato da Michels. Tutto ciò contribuì a creare ancora più gelosia e contrasti all’interno del gruppo.
Nel terzo ed ultimo incontro, l’Olanda affrontava la Bulgaria. Per i bulgari una vittoria avrebbe significato il passaggio del turno, mentre con un pareggio le speranze di approdare alla seconda fase sarebbero dipese dal risultato di Svezia–Uruguay. Era ovvio che soltanto un miracolo avrebbe permesso alla Bulgaria di vincere la gara, pertanto era evidente che i bulgari sarebbero tornati a casa appena terminato l’incontro. Nella Bulgaria giocavano Dimitar Penev e Hristo Bonev, gli unici reduci della squadra che aveva estromesso, da Mexico ’70, proprio l’Olanda durante le qualificazioni. Con la maglia del CSKA Sofia, lo stesso Penev, insieme a Vassilev, Kolev e Denev, erano stati gli artefici, sette mesi prima, della fine del glorioso ciclo dell’Ajax Amsterdam in Coppa dei Campioni. Quindi, Suurbier, Krol, Haan e Neeskens erano in cerca di rivincite.
Una delle innovazioni più controverse apportate dalla FIFA per questa Coppa del Mondo era l’utilizzo, da parte di una delle due squadre, di una divisa bianca per facilitare la visione da parte dei telespettatori muniti di televisori in bianco e nero. Invece i bulgari scesero in campo con una maglia rossa rendendo difficile distinguere, sul monitor, le due squadre. L’unica differenza erano i pantaloncini; neri per l’Olanda e bianchi per la Bulgaria. La gara entrava subito nel vivo con occasioni da una parte e dall’altra, ma era l’Olanda a mantenere la superiorità per tutto il primo tempo, che si chiuse sul 2–0 per gli Oranje, grazie a due penalty realizzati da Neeskens. Il primo rigore veniva fischiato per un fallo di Vassilev su Cruijff che, nonostante il tuffo teatrale dell’olandese, apparve netto. Nonostante l’arbitro facesse ripetere due volte il tiro, a causa di una invasione di Rep, Neeskens mantenne la freddezza necessaria per realizzare il primo gol. L’Olanda rischiò un po’ e concedette un pericoloso calcio di punizione alla Bulgaria, che però non concretizzò. Van Hanegem si faceva ammonire per proteste, mentre Cruijff per non aver rispettato la distanza in barriera su un calcio di punizione.
Verso la fine del primo tempo arrivava il secondo calcio di rigore: Velitchkov atterrava Rensenbrink in modo più netto di quanto fatto precedentemente su Cruijjf, ma i bulgari protestarono vivacemente. L’arbitro, lo slavo Boskovic, estrasse il cartellino giallo per sedare le proteste, ma non ammonì nessuno. I bulgari sapevano che se l’Olanda fosse andata sul 2–0 per loro sarebbe stata la fine. Neeskens, dagli undici metri, non perdonò e gli Oranje chiusero la prima frazione con due gol di vantaggio.
Nella ripresa Rinus Israël prendeva il posto di van Hanegem e Rijsbergen si spostò a centrocampo facendo sentire tutta la sua forza fisica. L’Olanda cercava di gestire il risultato anche se, in più di un’occasione, impegnò severamente il portiere avversario. I Bulgari ricorsero alle sostituzioni, ma i nuovi entrati, Mikhailov e Borisov, ebbero uno scarso impatto sul match. La Bulgaria crollò definitivamente con la terza rete degli olandesi realizzata in tutto da Rep su passaggio di Cruijff. L’Olanda si complicò un po’ la vita con Krol che, infilando la porta di Jongbloed, regalò il punto della bandiera ai bulgari. Michels sostituì Neeskens con de Jong ed il centrocampista del Feyenoord Rotterdam trovò anche il tempo di realizzare il gol del 4–1.
Nonostante alcune difficoltà, incontrate lungo il cammino della prima fase, l’Olanda aveva superato brillantemente il primo turno ed il primato nel girone, con un solo punto di vantaggio sulla Svezia, non rendeva giustizia allo strapotere degli Oranje.
CONVERSATION