L’introduzione di due gruppi da quattro squadre, nella seconda fase, al posto dei quarti di finale e delle semifinali, fu l’innovazione principale del torneo. Tale format fallirà clamorosamente quattro anni dopo a seguito della sfida tra Argentina e Perù, anche se, per la verità, a fallire fu la programmazione delle gare piuttosto che il concetto di gruppo.
Il solo modo di poter accedere alla finale di Monaco era quello di vincere tutte e tre le gare del girone (contro Argentina, Germania Est e Brasile) e per quello che si era visto finora, per l’Olanda, era una operazione realizzabile. Quello che si era intravisto nel round iniziale venne confermato nella seconda fase. La magica Olanda dominò il plotone totalizzando tre vittorie con il corollario di otto reti fatte e nessuna subita. I tre match degli olandesi nel secondo turno furono senza dubbio i più spettacolari e ricchi di prodezze: attorno a Johan Cruijff, che aveva indubbiamente voglia di spremersi, giostrava una squadra perfetta. Johan II, ovvero Neeskens, si trasformò in un implacabile match winner: realizzò le due reti di apertura contro la Germania Est e il Brasile, risultando alla fin fine ben più decisivo di Johan Cruijff.
L’Argentina aveva ben impressionato la critica nella prima fase del torneo ed aveva superato, insieme alla Polonia, il proprio girone che comprendeva anche l’Italia. In attacco, i sudamericani, erano infarciti di talento nonostante fosse assente, per squalifica, il loro miglior attaccante, Carlos Babington. Inoltre gli argentini decisero di non far giocare il giovane e talentuoso centravanti Mario Alberto Kempes, un errore che non commisero quattro anni dopo quando lo stesso Kempes divenne capocannoniere del torneo e Campione del Mondo.
Il difensore Francisco Sa ed il centrocampista Agustin Balbuena, nel 1972, avevano conquistato la Coppa Intercontinentale con la maglia dell’Independiente a spese dell’Ajax Amsterdam. Prima del confronto d’apertura tra Olanda e Argentina, il multicrinito Ayala si lasciò scappare una frase pericolosa: “con i tulipani faremo un bel mazzetto”. Il povero Carnevali, compagno di squadra del temerario e linguacciuto capellone, incassò quattro gol e in almeno tre occasioni venne graziato dagli scatenati olandesi. Lo stopper argentino Heredia lasciò polmoni ed anima sul campo per tentare di arginare le possenti ispirazioni di Cruijff, sicuramente in giornata di grazia. E quando si rese necessario, fu il medianaccio Telch a prendersi cura in seconda battuta del “papero d’oro”.
Di tutte le gare disputate nel torneo, quella con l’Argentina fu senza dubbio quella in cui fu espresso tutto il talento degli olandesi, dove gli attaccanti, in costante movimento, divennero inarrestabili per la retroguardia “albiceleste”. In questa gara ci fu una miscela perfetta tra attacco e difesa, un irripetibile mix di resistenza, di pressing, di possesso palla, ma soprattutto di movimento da parte di tutti i giocatori, così come Michels intendeva il gioco del calcio. Al centro di tutto c’era Johan Cruijff, un giocatore capace sia di attaccare sia di difendere, di saltare il difensore che tentava di fermarlo, di fare lanci di 40 metri ad un compagno. Il suo carattere forte, da leader, era tale da redarguire i compagni di squadra, nonché gli avversari e gli arbitri: era il “capitano totale” della squadra che giocava il “calcio totale”.
La supremazia dell’Olanda apparve chiara fin da subito. La prima rete arrivò dopo soli dodici minuti e fu segnata da Cruijff. Fu un concentrato di tecnica, equilibrio e intelligenza. Il capitano sfrecciò attraverso la linea difensiva argentina, da destra verso sinistra, raccolse un preciso passaggio di van Hanegem e, dopo aver stoppato la palla di destro, solo davanti alla porta, superò il povero Carnevali in uscita con un dribbling di destro quindi, in precario equilibrio, di sinistro infilò l’angolo opposto della porta. Gli argentini protestarono perché il contrasto di Rijsbergen su Yazalde, nel quale fu recuperato il pallone per dare il via all’azione del gol, era viziato da un fallo non rilevato dal direttore di gara.
Il raddoppio arrivò al 25’ sugli sviluppi di un calcio d’angolo. Carnevali riuscì ad allontanare la palla fino al limite dell’area dove Krol era in agguato e, grazie anche ad alcune deviazioni, riuscì ad infilare la porta argentina per la seconda volta. Nonostante la rete abbastanza fortunosa, l’Olanda stava ampiamente meritando il doppio vantaggio.
Nel secondo tempo una pioggia battente dette alla gara un aspetto irreale, ma gli olandesi andarono comunque a caccia di altre reti per poter ottenere un eventuale vantaggio in caso di arrivo a pari punti. Nonostante ciò gli oranje cercarono di controllare il gioco per non sciupare energie in vista delle gare successive.
Sotto una pioggia che scendeva copiosa Ruud Krol scese sulla fascia sinistra e servì Cruijff, il cui cross non perfetto superò la difesa argentina e Rep, in agguato, infilò la porta avversaria per la terza volta.
Anche la quarta rete fu inevitabile; ci fu uno scambio sulla destra tra Rep e Neeskens e la palla arrivò sui piedi di van Hanegem sul lato destro dell’area di rigore. Il centrocampista del Feyenoord Rotterdam eseguì un uno–due con Jansen, quindi scagliò un tiro che Carnevali non trattenne e che Cruijff ribadì in rete per la quarta volta. L’Olanda aveva meritato in pieno il successo dimostrando la propria superiorità in ogni parte del campo.
Contro la Germania Est, l’Olanda si giocava la possibilità di poter disputare, nell’ultima gara contro il Brasile, la sfida decisiva per ottenere l’accesso alla finale. I tedeschi orientali avevano sorpreso tutti specialmente dopo il successo contro i “cugini” della Germania Ovest in una gara oramai ininfluente per il passaggio del turno. Era tuttavia una squadra da non sottovalutare, che aveva un gioco non molto diverso da quello degli olandesi. Ancora una volta era il mal tempo a farla da padrone a Gelsenkirchen, rendendo il campo al limite della praticabilità.
L’Olanda disputò una gara meno spettacolare rispetto a quelle giocate contro Bulgaria e Argentina, ma non per questo il suo gioco fu meno efficace. Gli uomini di Michels sapevano di essere superiori ai tedeschi orientali e per questo attesero con pazienza il momento buono per colpirli. L’attesa durò solo otto minuti poiché Neeskens riuscì subito a perforare la porta avversaria, permettendo così ai suoi di impostare una gara al piccolo trotto. Un corner di Rensenbrink viene respinto da Pommerenke, la palla è recuperata da Jansen che serve ancora Rensenbrink. L’ala sinistra olandese tira verso la porta, ma la sua conclusione è deviata e finisce sui piedi di Neeskens che, da una distanza di sei metri dal bersaglio, infila Croy per la rete del vantaggio. La Germania Est ha una reazione verso la fine del primo tempo, ma Jongbloed riesce a neutralizzare il tentativo degli avversari.
La ripresa inizia nello stesso modo in cui si sono svolti i primi quarantacinque minuti, con l’Olanda che va alla ricerca del secondo gol. Nonostante i tedeschi avessero tentato di rispondere colpo su colpo a Cruijff e compagni, l’Olanda meritava il secondo gol. La rete non poteva che essere realizzata da uno dei migliori giocatori di quella partita: Rob Rensenbrink. La Germania Est, in quella che fu la loro unica partecipazione ad una fase finale della Coppa del Mondo, disputò un torneo più che lodevole, ma dovette inchinarsi allo strapotere olandese.
A questo punto gli olandesi avevano un solo ostacolo tra sé e la finale della Coppa del Mondo e quell’ostacolo portava il nome del Brasile campione in carica. Il Brasile aveva conquistato tre degli ultimi quattro Campionati del Mondo e, nonostante l’assenza di Pelè, erano sempre una squadra temibile e composta da numerosi fuoriclasse. Rivelinho e Jairzinho sono gli unici reduci dal Messico, mentre a centrocampo giostra un giovane talento: Dirceu.
Lo scontro diretto del 3 luglio a Dortmund era decisivo: Mario Zagalo si professava certo di una vittoria dei suoi ragazzi, ma “Sua Maestà” Pelè la vedeva in maniera opposta. La gara era anche una stupenda battaglia tra le due tifoserie, tra le più accanite e rumorose.
Dall’Olanda giunsero, già di prima mattina, centinaia di pullman e auto private mentre la “torcida” brasiliana lasciava intendere di voler vincere la gara tra i supporters. Alle 20.30, davanti a 54.000 spettatori, si iniziò agli ordini dell’arbitro Tschenscher. Il Brasile indossava un completo blu, mentre gli olandesi erano in completa tenuta bianca con calzettoni arancioni, il tutto nel rispetto delle disposizioni della FIFA.
Le due formazioni erano in grado di schierare i migliori giocatori a loro disposizione: per l’Olanda scesero in campo Jongbloed, Suurbier, Haan, Rijsbergen, Krol; Neeskens, van Hanegem, Jansen; Rep, Cruijff e Rensenbrink. Il Brasile rispose con Leaõ, Zè Maria, Luis Pereira, Marinho Chagas, Marinho Peres; Paulo Cesar Carpeggiani, Rivelinho, Dirceu, Paulo Cesar Lima; Jairzinho e Valdomiro.
Entrambe le squadre avevano quattro punti ciascuna, ma la differenza reti premiava gli olandesi, forti di sei reti fatte e nessuna subita, mentre i carioca avevano tre reti all’attivo ed una al passivo, pertanto all’Olanda sarebbe bastato anche il pareggio per accedere alla finale. Il gioco fu subito duro ed i brasiliani iniziarono a produrre una serie di falli violenti, sulla maggior parte dei quali l’arbitrò sorvolò più volte.
Tuttavia per i primi trenta minuti il gioco fu equilibrato, ad una maggior iniziativa degli olandesi, i verdeoro risposero con una difesa irreprensibile. L’Olanda applicava, come ormai sua consuetudine, la trappola del fuorigioco ed il Brasile, a sua volta, rispondeva alzando la linea difensiva. L’arbitro non era sufficientemente deciso in alcuni frangenti ed al 30’, con un violento alterco tra Suurbier e Luis Pereira, affiorò un nervosismo da parte dei brasiliani, sintomo di impotenza ed inferiorità. La prima frazione si chiuse sullo 0–0, Cruijff e compagni non erano passati, ma con il loro movimento continuo avevano aperto una breccia nella difesa dei Campioni del Mondo.
Fra gli olandesi Arie Haan operava come libero, dettando, all’occorrenza, il tempo del fuorigioco, Suurbier e Krol difensori esterni e lo stesso Rijsbergen, miglior stopper della rassegna iridata, partecipavano alla manovra offensiva, appoggiando il centrocampo. Gli olandesi attaccavano in sette e si difendevano in sette, con una manovra a fisarmonica che prevedeva l’inserimento dei terzini sulle fasce laterali. Cruijff dirigeva da par suo e van Hanegem regolava i movimenti dei settori arretrati, in modo che la squadra, anche quando attaccava, non era mai scoperta nelle retrovie.
All’inizio del secondo tempo arriva il primo gol olandese: Rijsbergen entra duro sulla caviglia di Jairzinho. Un minuto dopo il brasiliano decide di vendicarsi e commette fallo sul biondo difensore olandese. È il 50’, van Hanegem batte velocemente la punizione dalla propria metà campo e serve Neeskens, che passa la palla a Cruijff sulla fascia destra. Cruijff misura alla perfezione un pallonetto in area di rigore pescando Neeskens nel cuore della difesa brasiliana. Luis Pereira commette l’unico errore del suo mondiale lasciando Neeskens libero di calciare al volo un diagonale carico di effetto che supera inesorabilmente Leaõ. Fu un gol straordinario e memorabile che gli olandesi festeggiarono in modo esuberante.
Il vantaggio incise sui nervi dei brasiliani, saltarono i collegamenti ed un quarto d’ora più avanti, dopo gli incessanti tentativi dei brasiliani, arrivò il raddoppio e forse fu il più bel gol di tutto il torneo: Rensenbrink lanciò Krol sulla fascia, il terzino arrivò a fondo campo e rimise al centro: Cruijff si ricordò di essere Cruijff, agganciò stupendamente in volo e fiondò in rete da cinque metri. Nell’azione del gol si infortunò Rensenbrink che fu rimpiazzato da Theo de Jong.
I Campioni del Mondo del Brasile erano ormai con le spalle al muro e gli ultimi minuti sembrarono più una caccia all’uomo che una partita di calcio, con Luis Pereira che venne espulso per un fallo brutale su Neeskens, costretto ad uscire sostituito da Israël. Il Brasile abdicò e l’Olanda volò in finale, dove ad attenderla c’erano i padroni di casa della Germania Ovest.
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