ATTO I
Il mare partorisce
«Ah, darei mille jugeri di mare per un acro di
terraferma asciutta, coperta solo d’eriche e ginestre! Sia fatto sempre il
volere di Dio, ma avrei voluto morire all’asciutto» (Gonzalo – Atto I; Scena I)
Virgil
van Dijk nasce nella ridente cittadina di Breda l’otto luglio del 1991 da padre
olandese e madre surinamese. L’approccio con il pallone da parte di van Dijk è
immediato: si iscrive repentinamente alla scuola calcio del WDS '19, la più antica compagine
amatoriale di Breda. Fondata dai fratelli van Willibrordus nel 1919. Il poco
più che lattante Virgil si distingue per le proprie abilità calcistiche e la
sua crescita fisica è esponenziale. Gli allenatori del WDS ’19 decidono di
formare van Dijk come centrale di difesa e di insegnargli al meglio questo
ingrato mestiere. D’altronde la statura di Virgil è così imponente e pressante
dal non potersi divincolare da questa irta strada. Senza contare che il cognome lascia poco margine d'azione, poiché dijk in neerlandese significa diga e bisogna pur affidarsi al fato talvolta. Non è necessario aspettare
molto tempo prima che van Dijk divenga oggetto delle mire degli osservatori dei
Paesi Bassi meridionali.
Nel 2009 il Willem II, squadra della vicina Tilburg, strappa al WDS ’19 van
Dijk. L’entusiasmo iniziale del ragazzo si spegne immediatamente: il tecnico
dei Tricolores, Alfons Groenendijk,
non è d’accordo con il far esordire van Dijk in prima squadra e preferisce
farlo crescere ulteriormente nelle
giovanili del Willem II. La mossa si rivelerà infelice, poiché dietro l’angolo
vi è una società strutturata come il Groningen
ad abbracciare il giovane Virgil. Il passaggio del centrale difensivo passerà
sotto traccia ed il direttore tecnico Henry van der Vegt liquiderà con le
conseguente parole di circostanza il grattacapo.
A diciannove anni Virgil lascia la famiglia e
si trasferisce nella gelida Groningen. Lasciandosi il Brabante Settentrionale alle
spalle e tutti i dubbi che sembrano limitargli la carriera. Il salto non è
indifferente, ma la tempra fisica è il principio stesso di Virgil van Dijk.
ATTO II
Si
frange lo specchio d’acqua
«Qui fiorisce tutto ciò che è propizio alla
vita» (Gonzalo – Atto II; Scena I)
Virgil
van Dijk inizia la propria gavetta, rimboccandosi le maniche ed allenandosi
duramente. Il sogno è uno solo: esordire in Eredivisie, a qualunque costo. Van
Dijk rispetto ai coetanei è un calciatore singolare: il proprio progresso di
crescita non procede a passo spedito, per lo più si potrebbe parlare di un’imbarcazione
che malinconicamente danza stanca in seguito ad un violento nubifragio. Non si
comprende al meglio cosa voglia fare: vivere per resistere ad un’altra calamità
o crollare nel fondo dell’oceano in quanto esausta del vivere. Le motivazioni
di questo dolce naufragar sono
diverse: Dick Lukkien, allora tecnico dello Jong Groningen, evidenziò un’eccessiva
timidezza da parte dell’atleta ed uno scarso equilibrio, al netto di una
visione di gioco magistrale ed una fisicità titanica. L’imbarcazione
sopravvive: Virgil esordisce il primo maggio del 2011 contro l’ADO Den Haag,
giocando una ventina di minuti sotto la guida di Pieter Huistra. L’Eredivisie abbraccia
inconsapevolmente un prossimo campione, ma la data più significativa in quella
stagione per van Dijk è un’altra: il venticinque maggio. Il Groningen si sta
giocando un posto nei preliminari di Europa League con l’ADO Den Haag, ma i biancoverdi hanno ricevuto una sonora lezione
all’andata, uscendo sconfitti da L’Aia per 5-1. La rimonta è fantascienza pura
ed in una condizione estrema emergenza van Dijk viene promosso terzino destro. È
il 50’ e la sfida è bloccata sul 1-1, quando van Dijk si presenta dal vertice
dell’area di rigore e calcia una punizione violenta sul primo palo. Il portiere
è battuto ed il Groningen si porta sul 2-1. Virgil si presenta al pubblico
olandese con il proprio marchio di fabbrica:
le saette da calcio piazzato con il proprio destro. Una storia
strappalacrime: il ragazzo ha siglato la prima rete da professionista, peccato
l’abbia fatto in un match che non ha più nessun tipo di significato, se non per
le statistiche e gli appassionati di numeri. È in questo momento che Vigil sale
in cattedra ed offre un pallone d’oro a Leandro Bacuna: 3-1, i gialloverdi
amici della Juventus cominciano a tremare. Van Dijk non è sazio e vuole
scrivere la storia di una contesa che appare come la materia prima del caos
stesso: lanciato in profondità trova la seconda rete con il piede mancino. L’Euroborg è in delirio,
la rimonta è ad un passo e l’ADO sembra non averne più. La camera inquadra il
tifoso più scalmanato di Groningen, un uomo che la storia chiamerà Arjen Robben. L’esterno del Bayern ha in
braccio il figlio e pare essere l’uomo più sereno di questo globo. La partita
terminerà ai rigori, con il Groningen vincente e prossimo all’Europa.
Coutinho si addormenta e van Dijk ringrazia |
La stagione seguente conferma il rocambolesco
match tardo primaverile del quale abbiamo discusso. Inizialmente Pieter Huistra
preserva van Dijk, ma gradualmente il ragazzo di Breda conquista la titolarità.
La partita da incorniciare della stagione di van Dijk sarà il 6-0 ai danni del Feijenoord: lo stesso centrale
difensivo andrà a segno con un missile terra-aria dai trenta metri che non
lascia scampo al malcapitato Mulder. La seconda stagione in maglia biancoverde
è senz’altro positiva, ma una banale appendicite costringe van Dijk a passare
le ultime sfide del Groningen al di fuori del rettangolo di gioco.
Il Groningen assolda Robert Maaskant come nuovo tecnico. Il Principe, così soprannominato per un eccessivo utilizzo di
brillantina per capelli, sarà un vero e proprio padre calcistico per van Dijk.
Virgil toccherà quota trentasette presenze stagionali, divenendo cardine e
talvolta capitano del Groningen. Il sodalizio con Il Principe è un vero e proprio toccasana per la carriera di van
Dijk. Nelle culture di impronta sciamanica il principe è dotato di poteri
magici e occulti: può interloquire con i morti o divenire demiurgo. Van Dijk
deve la propria generazione a questo santone
del calcio olandese. Un golem quale è
Virgil si ritrova in imbarazzo nella efficace, ma quantomeno limitante, realtà
di Groningen e le sirene estere cantano a squarciagola un canto irresistibile
che incanta i ventenni olandesi e li riduce ad automi o poco più.
ATTO III
Le nubi
di Scozia
«Ma la signora che io servo
Ravviva ciò che è morto
E rende la mia fatica un
piacere» (Ferdinando – Atto III; Scena I)
Il
ventuno luglio del 2013 van Dijk firma con il Celtic Glasgow che si assicura le prestazioni del centrale olandese
grazie ai due milioni e mezzo di sterline versati nelle casse del Groningen. Il
palcoscenico è importante per un ragazzo poco più che ventenne, ma le desolate
lande scozzesi e la calda, culturalmente e sportivamente parlando, Glasgow
potrebbe rivelarsi il cerchio di fuoco adatto per Virgil. Il tecnico degli Hoops è la Neil Lennon, vecchia volpe del calcio scozzese e nordirlandese. È
la terza personalità di rilievo per Virgil nel suo progresso nel calcio che
conta, una personalità arcigna che fa rima con costanza e fiducia. La costanza
d’impiego e la fiducia cieca che Neil Lennon percepisce nei confronti di Virigl
van Dijk è impressionante e singolare: quarantasette saranno le partite
disputate dal difensore olandese al termine della stagione.
Il sole di Scozia bacia i belli |
L’amore con i propri tifosi sboccia in
occasione di una sfida di metà stagione: il Ross County ospita il Celtic in una sfida dall’esito
prevedibilmente in favore degli Hoops.
Virgil sale in cattedra con una doppietta di testa, effettuando le prime
marcature in assoluto in SPL. Il centrale olandese, nell’arco della stagione,
esordisce in Champions League contro il Milan
a San Siro. Una cornice non indifferente nel calcio che conta. Il match terminerà due a zero a favore degli
uomini di Massimiliano Allegri. Il
trend della campagna europea del Celtic rimarrà grosso modo questo, con una
sola vittoria contro l’Ajax al termine del girone. Una sorta di piccola rivincita nei confronti di
una signora illustre del calcio olandese che ha sempre guardato con scherno il
giovane centrale di difesa e non ha mai dato troppa importanza alle sue
prestazioni. Nemmeno a dirlo, van Dijk vincerà il titolo di campione di Scozia
con la maglia dei Celtic. Una impresa tutt’altro che titanica senza i rivali
dei Rangers in circolazione,
penitenti di pene purgatoriali nelle serie cadette. Lo stesso van Dijk sbatterà
fuori dalla Coppa di Scozia gli acerrimi nemici con un perentorio due a zero in
semifinale, un anno dopo.
Nella stagione successiva van Dijk prende il
comando del Celtic, raggiungendo cinquantotto presenze stagionali. Gli Hoops vinceranno il titolo e la Coppa di
Scozia, ma questa è una notizia poco sorprendente. Inaspettata è la crescita di
van Dijk che si ingrossa come una tempesta nell’arco della stagione. Virgil,
per il suolo scozzese, si dimostra un calciatore completo. In termini
poveramente tecnici e scevri di scientificità: è perfetto in ogni situazione e
contesto. Dialoga amabilmente con il pallone, è preciso nelle chiusure, gioca
con due piedi e presente in area di rigore, ma soprattutto batte delle
punizioni che sono fuori dal mondo. I calci piazzati di van Dijk hanno una
traiettoria secca e precisa che si infila con prepotenza sotto il legno
principale della porta. Il pallone non modifica il proprio percorso, è una
calamità naturale che si spegne solo dopo aver baciato la rete. Van Dijk non è
altro che questo al termine della sua avventura in Scozia: un centrale
potenzialmente completo.
Non male per un centrale di difesa |
ATTO IV
Il potere della pioggia
«La caccia non abbia reliquie. Ora
Tutti i nemici
Sono alla mia mercé»
(Prospero – Atto IV; Scena I)
Nel settembre del 2015 van Dijk viene
acquistato dal Souhampton per tredici milioni di euro: una cifra non
importante, ma sicuramente significativa. Sulla panchina dei Saints vi siede un tecnico esperto ed in
ascesa: Ronald Koeman. L’ex tecnico
del Feijenoord opta con fiducia per il centrale di Breda affinché la sua
retroguardia venga rinforzata. Il manager olandese lo consegna sotto le cure
del navigato José Fonte, che lo
svezzerà adeguatamente per la Premier League. Il portoghese è il compagno di
reparto ideale per l’ascesa di van Dijk. L’iniziale titubanza per un centrale
di passaporto olandese e proveniente dall’odiata Scozia dilaga e serpeggia nel
meridione dell’Inghilterra. I passi che van Dijk esegue sono leggeri e mai
sopra le righe, il ragazzo impatta con intelligenza in una realtà che lascia
poco margine d’errore. Un tifone che prende lentamente forma. Ronald Koeman risulta l’uomo ideale per crescere un
ragazzo che sta facendo intravedere qualcosa d’importante e significativo. L’esordio
in Premier League avviene il dodici settembre contro il WBA; sfida terminata a reti bianche. La prima rete arriverà contro
lo Swansea circa un mese dopo. Lo
stesso van Dijk sarà uno dei pochi eletti a violare la porta del Leicester City, futuro campione d’Inghilterra.
Al di là dell’apporto di reti, che van Dijk da sempre non fa mai mancare, è la
crescita nella fase difensiva che impressiona gli addetti ai lavori. Lo
strapotere fisico che il ragazzo di Breda esprime nella propria area di rigore
è da divinità greca, sembra saltare mezzo metro in più degli altri in ogni
circostanza. Inoltre ha un’intelligenza calcistica fuori dal comune: la prima
fase di costruzione dei Saints passa
dai suoi piedi. Ha la visione di un regista e difende con una tranquillità
fuori dal comune per la sua età e conseguentemente esperienza. Le sue
prestazioni gli valgono il titolo di giocatore dell’anno per il Southampton.
van Dijk non ti perde mai di vista |
L’avvicendamento
in panchina per il Southampton rinvigorisce ancor di più il centrale olandese.
La stagione attuale è un vero e proprio palcoscenico di conferme ed elogi per
van Dijk. Claude Puel gli ha
consegnato le chiavi della difesa ed è lui il vero trascinatore di un
Southampton che stenta dopo l’addio di Ronald Koeman. Significativa la
prestazione in casa, al St. Mary’s stadium, contro l’Inter guidata da Stefano
Vecchi. Virgil va a segno su una comoda respinta, ma è formidabile l’apporto
e la carica agonistica che fornisce ai compagni durante i novanta minuti.
Virgil si è scrollato di dosso la timidezza di quando aveva appena approcciato
con il calcio professionistico. Van Dijk ora è una tempesta che non si può
arrestare. Un vero e proprio prodigio che non si piega e tantomeno si spezza. Senza
dimenticare le proprie origini e guardando al passato con dispiacere, ma
sincero rispetto e privo di qualsivoglia risentimento. Lo stesso van Dijk
afferma: «Il Willem II è ancora nel mio cuore».
Il
futuro attende van Dijk e la sua eletta natura.
ATTO V
La danza della pioggia
«Snaturato come sei
Io ti perdono» (Prospero –
Atto V; Scena I)
Van Dijk convince in Inghilterra, ma non
convince immediatamente il tecnico Danny
Blind. L’allenatore degli Oranje attende
a farlo esordire e gli concede una maglia nell’ottobre del 2015 contro il Kazakistan. Una sfida che l’Olanda
vincerà, ma non servirà nulla se non a rompere i legamenti dell’eroe di Brasile
2014 Tim Krul. Van Dijk è un ottimo
elemento, ma lo sbando totale della nazionale dei tulipani è evidente e
travolgente. Il punto più basso della storia del calcio olandese si raggiunge
nella sconfitta per 3-2 casalinga contro la Repubblica Ceca e van Dijk è uno degli artefici principali di una
tragedia – calcisticamente parlando, ma anche ad uno spettro più ampio – per coloro
che amano la casacca arancione. Inutile dire che il tanto acclamato salvatore
della patria è diventato, in una rapida successione, un ingranaggio
colpevolmente malfunzionante della macchina arancione.
La marcia degli Oranje subisce una timida inversione di tendenza: complice l’infortunio
di Stefan de Vrij, Blind offre la
guida della difesa a van Dijk. Le prestazioni sono sempre più convincenti e l’affiatamento
con il compagno di reparto Jeffrey Bruma
si cementa e con esso la prestazione della difesa arancione.
L’Olanda
si può sfregare le mani e sognare un futuro migliore grazie ad una coppia
centrale formata da De Vrij e van Dijk. Una vera sintesi del difendere contemporaneo.
«Questi che guida in alto li occhi miei,
è quel Virgilio dal qual tu togliesti forza
a cantar de li uomini e d’i dèi»
(Dante - La Divina Commedia. Canto XXI, Purgatorio, vv. 124-126)
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